L’isola Dei Cassaintegrati
Contenuti associati
In un giorno così, l’occupazione dell’ex carcere dell’Asinara funziona anche da anti-depressivo per gli operai della Vinyls di Porto Torres. Sei in un paradiso naturale, ti porti dietro gli incontri fatti, la solidarietà, le esperienze di un luogo ai confini del mondo, la eco che si è riusciti a suscitare intorno al grande problema della politica industriale dell’Italia, attraverso una protesta che sembra destinata «a scrivere una pagina di storia». E il risultato, finalmente ottenuto, dei vertici Cgil, rappresentati da Susanna Camusso che sbarcano dal «Sara D.», il battello che fa la spola da Porto Torres, per salire al vecchio carcere lungo le curve del tratturo, fra caprette al pascolo, asinelli bianchi, e un’esplosione di fiori e di mare verde azzurro e viola, per fare un’assemblea chiarificatrice e che rilanci la vertenza con l’Eni, multinazionale ma pur sempre con il 30 per cento di azioni del Tesoro. E che riconosce: un errore è stato fatto. All’iniziononera stato così, quando, il 24 febbraio, è sbarcato il drappello degli occupanti - quindici/ venti persone in presidio permanente: l’idea era bellissima ma la spinta era stata quella della disperazione. Gli impianti erano chiusi da quasi un anno, la cassa integrazione a rotazione giustificata dalla necessità della manutenzione, l’indotto ridotto al disastro. Spiega Paolo Canu che, appunto nell’indotto lavora da 23 anni, «i dipendenti della Vinyls sono 130 ma la chimica a Porto Torres, direttamente e indirettamente da lavoro a circa 4500 persone». Per questo nelle lotte ci sono tutti e c’è anche il sindaco, Luciano Mura. E, ieri, c’erano anche i rappresentanti delle aziende gemelle di Marghera e Ravenna, Cgil ma anche Cisl e Uil.
Ricorda il segretario della camera del lavoro Antonio Rugas: «C’era stata una grande mobilitazione del territorio, una manifestazione regionale, avevamo ottenutountavolo ministeriale ». Poi c’è stata la controffensiva dell’Eni e, il 19 ottobre, la firma di un accordo da parte dei sindacati di categoria, vissuto come una pugnalata, «Ci avevano assicurato – ricorda Argentino Tirelli- che non avrebbero firmato». D’inverno è dura e, dopo pochi giorni che gli operai si erano istallati nel carcere «saltò tutto l’impianto elettrico», al buio e col freddo era difficile stare nell’isola dei cassintegrati anche se la cosa più difficile – racconta Emanuele Manca, 36 anni, da quando ne aveva venti lavora negli impianti chimici della Vinyls - è lasciare la famiglia». Lui ha due figlie piccole: «Il momento più emozionante è quando vengono a trovarci, nei giorni di festa, dopo tanti giorni in cui ne senti la mancanza». Paolo Canu, anche lui fra gli occupanti, quasi si identifica con lo stato d’animo che dovevano avere i reclusi.
Intanto, i «detenuti» volontari dell’Isola dei cassintegrati si sono fatti esperti delle storie del luogo. Il cantastorie è EnricoMereu, ex guardia carceraria, unico residente stabile dell’Isola. Mereu, quando il carcere è stato chiuso ha scelto di restare ed è diventato scultore, lavora soprattutto il legno che arriva dal mare ma non tutti i legni, solo quelli nei quali intuisce l’immagine da tirare fuori. Oltre a scolpire Enrico ha la memoria del luogo quando i detenuti si chiamavano Alberto Franceschini e Renato Curcio o, ancora, Totò Riina. Detenuti al carcere duro. L’assemblea, invece, si svolge nella zona dove erano la barberia e l’infermeria, le celle occupate misurano 2X3 e, probabilmente ospitavano condannati per reati comuni.Unpatio imbiancato a calce dall’aspetto benevolo ospita l’assemblea. Le voci sono pacate, nessuno urla ma le parole non restano in gola e gli operai dicono perché la firma del 19 ottobre è stata vissuta così male. «Per una ragione di metodo, non siamo stati consultati», «per una ragione di merito, non ci sono solo i chimici, chehanno firmato l’accordo. C’è tutto l’indotto». Spiega il sindaco Luciano Mura: «Un accordo che riguarda il futuro diunintero territorio non può ignorare le amministrazioni locali». Il 24 aprile, cioè praticamente ad horas, si chiude la fase della manifestazione di intenti. La Ramco, multinazionale del Qatar, ha espresso il suo interesse ma sindacalisti e operai non si fidano di Eni. Enzo Costa, segretario regionale, sottolinea come Eni non abbia interesse alla chimica ma, al tempo stesso, non sembra voler lasciar fare ad altri. «Il 24, però - spiega Costa - potrebbe non accadere nulla». Vuole dissipare il fantasma del fallimento: il commissariamento secondo la legge Prodi prevede l’azzeramento del debito pregresso. «L’errore c’è stato», conclude l’assemblea Susanna Camusso «perché gli accordi si discutono sempre con i lavoratori, anche quando le vertenze sono difficili». E la difficoltà nasce anche dalle dinamiche attuali, «quando si deve fare i conti con il fatto che qualcuno decide di firmare e altri non vorrebbero». Ora il punto è rilanciare: e la prima imprescindibile richiesta è «far ripartire gli impianti ».