L’impresa deve comprare ai reali prezzi di mercato
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 L’impresa deve comprare ai reali prezzi di mercato Luigi Lovecchio Gennaro Terracciano
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Le imprese private dovranno pagare a prezzi di mercato — come dimostrano le ultime esperienze di privatizzazione in atto nel settore delle farmacie comunali — le azioni delle Spa locali a capitale misto. Questa conclusione è rafforazata dalla corretta valutazione, in sede di trasformazione di aziende speciali in Spa, dei conferimenti di beni in base al loro valore economico, senza quindi ritenere tali operazioni delle pure modalità di cambiamento formale delle aziende stesse. In proposito, è utile ricordare che il Testo unico degli enti locali (Dlgs 267/2000) prevede diversi percorsi per giungere alla esternalizzazione dei servizi locali. Questi sono: la trasformazione delle aziende speciali in Spa (articolo 115 del Testo unico). La procedura prevede l’adozione di una apposita deliberazione consiliare e, entro i tre mesi successivi alla deliberazione, la designazione di un esperto, da parte del presidente del Tribunale, per la stima dei valori dei beni conferiti. Infine, nei sei mesi successivi dalla perizia giurata, amministratori e sindaci della Spa controllano le valutazioni e, se del caso, le rettificano. L’ente locale, inoltre, può rimanere socio unico della Spa "trasformata" per un periodo non superiore a due anni, dopo di che lo stesso deve cedere ai privati una parte della partecipazione, anche eventualmente maggioritaria; la costituzione di società miste a partecipazione pubblica non di maggioranza (articolo 116 del Testo unico). La procedura è disciplinata dal Dpr 533/96, che si occupa soprattutto delle modalità di selezione del o dei soci privati; la costituzione di società miste a prevalente capitale pubblico (articolo 118 del Testo unico). In relazione alla suddetta trasformazione di aziende speciali, la norma di riferimento in più punti sembra evidenziare come essenziale il conferimento dei beni dell’azienda ai fini della costituzione del nuovo soggetto giuridico. Anche la previsione di agevolazione fiscale si riferisce soprattutto al conferimento e assegnazione dei beni, precisando che tali operazioni «sono esenti da imposizioni fiscali, dirette ed indirette». La mera trasformazione giuridica del soggetto gestore non necessita invece un trasferimento di beni, ma può riassumersi nel cambiamento formale dell’intestatario dei beni stessi. Del resto, la stessa norma tributaria di esenzione, che si rivelerebbe superflua in tema di trasformazione, visto il dettato dell’articolo 122 del Tuir, in realtà non afferma la neutralità dell’operazione in parola, ma sostanzialmente comporta che in ipotesi di plusvalenze, queste non siano sottoposte a imposizione diretta. In tale direzione appare tra l’altro orientata la giurisprudenza onoraria del Tribunale di Milano, che ha per l’appunto ritenuto che la trasformazione delle aziende speciali vada valutata soprattutto per gli aspetti relativi al conferimento di beni. La conseguenza pratica dell’impostazione qui suggerita è rilevante: il perito estimatore dovrà valutare i beni secondo il valore economico o di mercato degli stessi, e non già alla luce del loro costo contabile di iscrizione. Le plusvalenze in questo modo emergenti, anche se trasferite nel bilancio della Spa neo-costituita, da un lato, non daranno luogo a tassazione, dall’altro, e cioè nei confronti della Spa, si tradurranno in costi deducibili dal reddito. Vi è di più. Nell’ipotesi in cui il perito estimatore non ritenesse di valutare il corretto valore di mercato, amministratori e sindaci della Spa avrebbero il dovere di rettificare la stima anche per evitare che l’ente di appartenenza possa subire un danno economico dall’operazione. Infatti, in sede di successiva cessione delle quote ai privati, il prezzo di cessione avrà un determinante punto di riferimento negli importi corrispondenti iscritti nel bilancio della Spa. Su tutto ciò, peraltro, incombe la procedura di infrazione pendente davanti alla Comunità europea, che ha per oggetto anche la previsione di esenzione fiscale prima ricordata e che, se dovesse risolversi negativamente per lo Stato italiano, vanificherebbe la gran parte degli incentivi alla privatizzazione. Lunedì 23 Aprile 2001
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