L’Europa cresce, l’Italia è ferma
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 mercoledì 16 novembre 2005
Pagina 14 - Economia & Lavoro
L’Europa cresce, l’Italia è ferma
Nel terzo trimestre il pil aumenta dello 0,3%, mentre su base annua rimane a zero. Epifani: la stagnazione continua
di Laura Matteucci / Milano
ITALIA AL PALO - La ripresa economica prende slancio in Europa, ovunque tranne che in Italia. Nel terzo trimestre, il prodotto interno lordo dell’eurozona cresce esattamente del doppio rispetto a quello italiano: +0,6% contro il nostro 0,3%. Questo in termini congiunturali, cioè rispetto al secondo trimestre (da notare che stavolta abbiamo avuto due giorni lavorativi in più), perchè se guardiamo allo stesso periodo del 2004 la crescita del pil è pari allo zero assoluto. Frana definitivamente anche l’ultima illusione con cui si è a lungo fatto scudo il governo, che l’economia fosse in crisi in Italia come in tutta Europa: la Germania rimbalza con lo 0,6%, la Francia con lo 0,7%, la Spagna mette a segno uno 0,8%. Gli Stati Uniti crescono dello 0,9% (3,6% su base annua), la Gran Bretagna dello 0,4% (1,6% sul 2004).
Per l’Istat «il risultato del pil è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nell’industria, di una diminuzione dell’agricoltura e di una sostanziale stazionarietà dei servizi» (i dettagli sulle singole voci verranno diffusi il 9 dicembre).
Vale la pena ricordare che, nel suo intervento alla giornata mondiale del credito, il governatore di Bankitalia Antonio Fazio per questo terzo trimestre aveva stimato una crescita dello 0,5%. E questa era anche l’aspettativa degli analisti, andata delusa.
Nonostante tutto, anche del fatto che come crescita acquisita per il 2005 siamo a un misero 0,1%, il ragioniere generale dello Stato Mario Canzio si spinge a commentare: «Il risultato è buono». E dagli ambienti del ministero all’Economia si parla di un meno esaltante «risultato in linea con le aspettative». Ma sono gli unici commenti positivi.
Per Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo sottolinea «il divario con l’Europa», che ha «migliori tassi di crescita». Mentre il leader della Cgil Guglielmo Epifani parla di «fase di sostanziale stagnazione, con qualche leggerissimo incremento degli ordinativi e delle aspettative delle imprese». «Bisogna allora - continua - fare politiche che sostengono questo piccolo spiraglio di ripresa sul quale una Finanziaria fatta male può però avere un effetto negativo». E anche Savino Pezzotta, segretario della Cisl, sottolinea che «questo non è il segno dell’inversione di tendenza perchè l’aumento è leggerissimo». E oltretutto «si mantengono ancora tutte le debolezze strutturali e quelle del sud che noi abbiamo più volte denunciato».
Sull’incapacità da parte del governo di sfruttare i pur deboli segnali positivi registrati in estate, che avevano fatto sperare in un trimestre decisamente migliore, si accentrano le critiche di molti, tra economisti e sindacalisti. Montezemolo invoca «scelte strutturali», «allargare il mercato, accrescere la concorrenza, far aumentare la produttività». E Marigia Maulucci, segretaria confederale Cgil, sintetizza: «Agosto aveva segnalato una situazione migliore che però è stata divorata dall’assenza di investimenti e di politiche di sostegno da parte di un governo assolutamente incapace di produrre iniziative utili alla competitività, alla crescita, ad uscire dalla recessione».
Per l’agricoltura la situazione è da allarme rosso, come sottolinea il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi: «Il minor apporto dell’agricoltura al pil - dice - significa che i produttori perdono costantemente reddito, in uno scenario immutato da mesi: costi produttivi e oneri previdenziali in crescita, mentre i prezzi sui campi sono in discesa e i consumi alimentari restano al palo».
Tutte questioni che la Finanziaria è ben lontana dal risolvere.
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