22/10/2007 ore: 11:56
L´esercito dei precari a quota 2 milioni
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hanno un lavoro a tempo determinato anche 500 mila ultraquarantenni Cifre in costante crescita: Italia in linea con l´Europa ROMA - Tante donne, tanti giovani, tanto Sud. La fotografia del precariato in Italia segue passo dopo passo il percorso delle classiche e ormai note "fasce a rischio". Ma pensare che il lavoro instabile riguardi solo una particolare classe d´età e un´area geografica circoscritta sarebbe un errore. Perché se è vero che la maggior parte dell´occupazione a tempo determinato si concentra fra i lavoratori dai 15 ai 29 anni, è anche vero che ci sono oltre mezzo milione di precari fra i 30 e i 40 anni e altrettanti dai quarant´anni in su. Un esercito di instabili che diventa di anno in anno più numeroso. Dai dati Istat riferiti al 2006 risulta che i dipendenti che fanno i conti con uno stipendio che oggi c´è e domani chissà sono - in Italia - 2 milioni 163 mila, il 13 per cento del totale degli occupati. La quota è più o meno in linea con quella degli altri paesi europei (Francia e Germania sono sullo stesso gradino, la Spagna svetta invece al 34 per cento): l´accesso a tappe al mondo del lavoro è, di fatti, un fenomeno universalmente condiviso. Il guaio è che diventa sempre più difficile passare da un lavoro instabile ad uno stabile e che la condizione di lavoratore a tempo finisce per incidere sulla curva demografica e su quella dei consumi: non tutti scelgono di essere «bamboccioni». Dai dati Istat risulta infatti che l´88 per cento dei lavoratori che ha un contratto a termine afferma che la temporaneità non è una scelta volontaria, ma legata all´offerta di lavoro. Negli altri paesi europei la quota media di chi passerebbe al posto fisso scende al 55 per cento. La precarietà, pur se fra stop and go è destinata ad aumentare: fra il 2000 e il 2005 i contratti a tempo determinato e co.co.pro sono lievitatati di 95 mila unità. L´Istat, scattando la radiografia del fenomeno, annuncia che «la maggiore incidenza di lavoratori temporanei si registra fra i giovani dai 15 e i 29 ani». Nel 2006 erano un milione e 112 mila, ma l´altro milione di precari è distribuito metà fra i 20-30 enni e gli over 40. Anche se il fenomeno risulta in crescita su tutto il territorio, il Sud sta peggio di tutti. Lì la percentuale di precari sul totale occupati sale al 14,7 per cento, e aumenta oltre il 20 se si guarda solo alla popolazione femminile. Le donne, difatti, stanno peggio degli uomini, perché a lavorare a tempo determinato non sono solo le ragazze alle prime esperienze. «Tra i 30 e i 39 anni - precisa il rapporto Istat - l´incidenza delle lavoratrici in tale situazione risulta essere quasi il doppio di quella maschile». Anche qui la tendenza è fare di necessità virtù: considerata l´assenza di servizi sociali inadeguati le donne - secondo uno studio della Fondazione Bellisario - sono molto più disponibili al lavoro flessibile rispetto agli uomini. Che si tratti di part time reversibile (chiesto principalmente dalla giovani donne del Sud), di turni flessibili (privilegiati dalle donne adulte del Nord Ovest) o della diversa ripartizione dell´orario (soluzione particolarmente favorita dalle donne del Centro). Il livello d´istruzione incide sì, ma in parte: quasi un milione di precari ha conseguito solo l´obbligo scolastico, ma altrettanti sono quelli dotati di diploma e a contratto temporaneo sono anche il 18 per cento dei dipendenti con un titolo post laurea. Quanto alla durata, quella media del contratto flessibile, in Italia, è di 12,8 mesi, ma il 37 per cento dei lavoratori temporanei firma accordi che garantiscono solo sei mesi di lavoro e solo il 19,6 per cento dei precari può contare su una occupazione garantita per due anni. Un futuro troppo corto per fare progetti. |