16/10/2007 ore: 11:59
L'abbraccio guardingo del premier al leader (M.Franco)
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Pagina 2 - Primo Piano LA NOTA Prodi ricorda il tandem con Veltroni ma il sindaco di Roma dice: bisogna rinnovare Prodi parla al plurale. Dice: «noi». Evoca un tandem oliato. E si dice prontissimo a fare il presidente del nuovo partito. Ma dietro il sorriso si intravede il timore che la storia cominciata ieri lo releghi in una posizione di retroguardia, se non di precarietà. La lettera inviata a Veltroni è quella di un premier conscio che «ci saranno passaggi non facili, e tentazioni. Ma so che non cederemo...». Un mediatore di professione come l'ex segretario ds, Fassino, assicura che segretario e premier sono complementari. È un eufemismo per non dire che Veltroni si sente il futuro e osserva il governo dell'Unione come un presente datato. Le parole-chiave sono infatti «discontinuità» e «svecchiamento ». I tre milioni e mezzo di elettori che hanno votato domenica non sono solo una risposta all'antipolitica, come aveva detto Prodi. Si chiede al Pd di essere «una cosa del tutto nuova», chiosa il segretario. Non significa che Palazzo Chigi perderà l'appoggio del centrosinistra. Per Veltroni, il governo deve arrivare alla fine della legislatura. Il problema è come. Dietro alla «dialettica fisiologica» che caratterizzerà i rapporti fra partito ed Esecutivo, possono esserci cose molto diverse. E la voglia di costringere Prodi a cambiare e ad innovare, evoca l'idea di un presidente del Consiglio irretito dalle contraddizioni dell'Unione; costretto alla lentezza dalle mediazioni, e bisognoso di pungoli esterni. Ma il nuovismo veltroniano sembra non risparmiare neppure le classi dirigenti. Da ieri si parla molto, perfino troppo di «Walter» e poco di chi fino a qualche mese fa appariva protagonista del centrosinistra: D'Alema, Rutelli, lo stesso Fassino. Il sindaco capitolino annuncia che nel Pd avranno un ruolo anche loro; ma saranno affiancati da figure nuove, esterne al mondo politico. Il francese Le Monde ha definito Veltroni «il rivale di Prodi». In realtà, non si tratta di rivalità: non più, dopo le primarie. I ruoli sono assegnati, e il rapporto appare asimmetrico: il sindaco di Roma vuole correre, e Palazzo Chigi cerca di stare al passo, sapendo che non sarà facile. |