Italiani i più fiduciosi di conservare il lavoro

Mercoledí 26 Marzo 2003
ITALIA-LAVORO |
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Italiani i più fiduciosi di conservare il lavoro |
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MILANO - La crisi non incrina la fiducia degli italiani nella solidità del proprio posto di lavoro, ma resta alto il pessimismo sulla possibilità di trovare un'occupazione analoga in caso di licenziamento. È il quadro che emerge da un'indagine internazionale effettuata in 17 Paesi dalla società di consulenza Right Management Consultans, quotata alla Borsa di New York e con un fatturato di 466,3 milioni di dollari nel 2002. Lo studio, realizzato attraverso 9.336 interviste effettuate nel mese di marzo, ha consentito di elaborare un "Indice di sicurezza professionale" che tasta il polso alle aspettative dei lavoratori dipendenti per i prossimi 12 mesi. Secondo l'indagine, solo il 4,4% dei lavoratori italiani ritiene probabile la perdita dell'attuale occupazione nel 2002: una percentuale che colloca l'Italia al primo posto nella classifica degli ottimisti, seguita dalla Norvegia e dal Belgio, che registrano un tasso del 5,7%. Sono gli inglesi, invece, i più pessimisti: guardando ai prossimi mesi, infatti, ben il 27,5% dei lavoratori britannici ritiene possibile la perdita del posto di lavoro, mentre negli Stati Uniti la pensa così il 26,6% dei dipendenti. Il record di sfiducia spetta dunque ai due Paesi "campioni" di flessibilità. In Europa, invece, sono gli svizzeri, gli irlandesi e i tedeschi a seguire - anche se a distanza - gli inglesi quanto a percezione dell'insicurezza del lavoro. Ma in realtà, il quadro delineato dall'indagine di Right Management Consultants evidenzia anche un'altra faccia della medaglia. Alla domanda sulla reale possibilità di ritrovare un lavoro analogo in caso di licenziamento, gli italiani balzano al vertice del gruppo dei pessimisti. Ben l'88,7% ritiene, infatti, che sarà abbastanza o molto difficile trovare un'occupazione alternativa. Soltanto i tedeschi, primi in classifica con il 94,7% delle risposte, fanno peggio. I più ottimisti sono i giapponesi ("solo" il 60% vede concrete difficoltà di ritrovare un posto), seguiti dai danesi (66,5%) e dagli olandesi (69,3%). Nel complesso si tratta di percentuali molto alte, anche in quei Paesi nei quali la mobilità del mercato del lavoro, che dovrebbe assicurare maggiori possibilità di reimpiego, è una costante ormai consolidata. I lavoratori europei appaiono comunque più ottimisti rispetto agli americani, con la vera unica eccezione rappresentata dalla Gran Bretagna. Il quadro che emerge dalla rilevazione, insomma, è uno specchio fedele del clima di sfiducia che intimorisce i lavoratori dipendenti bombardati da tagli e ristrutturazioni aziendali. «E la conseguenza - afferma Elena Murelli, amministratore delegato di Right Management Consultants in Italia - è che si resta avvinghiati al proprio posto di lavoro assumendo posizioni conservative». I risultati italiani, secondo Elena Murelli, «indicano che i lavoratori sono ancora legati a un sistema garantista, nonostante le novità rappresentate dalla Legge Biagi. Il paradosso è che gli italiani tendono quasi a svilire le nuove opportunità di contratti più flessibili, a viverle come una dequalificazione. Possiedono una Ferrari, ma non sono in grado di guidarla. O peggio, non ne percepiscono il reale valore». ANGELO MINCUZZI
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