28/11/2001 ore: 10:13

Intervista ad Accornero: «Sospendere il reintegro? Non creerà lavoro»

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INTERVISTA / Il sociologo Accornero: la mobilitazione era una via obbligata

«Sospendere il reintegro? Non creerà lavoro»

      ROMA - «Ma qualcuno veramente pensa che sospendendo l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori aumenterà l’occupazione? Al massimo aumenteranno i posti insicuri». Aris Accornero, sociologo del lavoro, intellettuale di sinistra che spesso ha censurato le posizioni più conservatrici della Cgil e dei Ds, questa volta non ha dubbi: la sospensione del diritto di reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa «è un errore grave del governo» e il sindacato «non poteva far altro che ricorrere alla sua arma naturale di protesta, lo sciopero». Ma il governo sottolinea che in fondo si tratta solo di una proposta, che c’è tempo prima che i provvedimenti annunciati nel disegno di legge delega prendano forma e che comunque si tratterebbe di una sperimentazione circoscritta a pochi casi.
      «Questa non è una proposta. È una decisione: la decisione di sospendere una legge di diritto sostanziale. Sospensione a titolo sperimentale per quattro anni? Ma non c’è nulla di sperimentale che duri quattro anni. E non si tratta di casi limitati, ma del grosso della nuova occupazione, perché si vuole sospendere l’articolo 18 per i contratti a termine che venissero trasformati a tempo indeterminato. Instaurando così due regimi (i vecchi assunti garantiti dallo Statuto e i nuovi no,
      ndr ) e aprendo tra l’altro anche profili di legittimità costituzionale».
      Il governo dice che così aumenterebbe l’occupazione. E ciò, aggiunge, accadrebbe anche negli altri casi di sospensione dell’articolo 18 previsti: per i lavoratori di aziende che emergano dal nero e per quelli di imprese che superino i 15 dipendenti.

      «No. Si avrebbe solo il paradosso che per venire assunto in pianta stabile o in maniera regolare non hai più diritto alle sicurezze di prima. Qualcuno poi crede davvero che un imprenditore in nero possa essere spinto a emergere dalla possibilità di licenziare? È ridicolo pensarlo. Tutti sanno che gli incentivi per convincerlo a mettersi in regola e a uscire dalle sue drammatiche scelte sono ben altri».

      Eppure se il governo ha preso questa iniziativa un motivo ci sarà.

      «Nel Libro bianco sul mercato del lavoro, che lo stesso governo ha presentato a ottobre, non si toccava il problema dell’articolo 18. Non se ne è parlato neppure nella trattativa successiva con i sindacati. Perché l’argomento è stato infilato all’ultimo momento nel disegno di legge delega? È un mossa sospetta, che avvalora la tesi di chi dice che il governo è vicino o addirittura servo della Confindustria. Ed è un grave errore politico perché ha ricompattato Cgil, Cisl e Uil mentre sul resto del Libro bianco le posizioni dei sindacati erano diverse (con Cisl e Uil pronte a trattare e la Cgil no,
      ndr ). Ora, invece, se il governo terrà duro sull’articolo 18, sfidando il sindacato, lo scontro potrebbe allargarsi anche alle pensioni».
      Secondo lei, quindi, si rischia di compromettere tutto quello che di buono c’era nel Libro bianco?

      «Sì. Lì c’era un disegno tutto sommato positivo, teso ad aumentare il tasso di occupazione, anche se già c’erano quelle frasi sulla concertazione che non lasciavano prevedere nulla di buono. In realtà, dietro alla questione dell’articolo 18 c’è la scelta di questo governo di cambiare radicalmente i rapporti con i sindacati, di starli a sentire cioè con un orecchio solo, perché tanto alla fine decide come vuole. A questo punto Cgil, Cisl e Uil non potevano che reagire. E lo hanno fatto in una maniera intelligente, decidendo uno sciopero significativo, ma non provocatorio. L’articolo 18 rappresenta una norma sociale che può anche essere desueta, ma che nel sentimento comune rappresenta ancora un valore».
Enrico Marro


Economia

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