Intervista a Tremonti: un patto con la Cgil sugli atipici e i posti sommersi
|
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
 |
L’EX MINISTRO DEL POLO Tremonti: un patto con la Cgil sugli atipici e i posti sommersi
ROMA - Prudenza, ma anche «innovazione giuridica». Dialogo stretto con la Confindustria di Antonio D’Amato («il loro piano per l’emersione è il nostro»). Ma nessuno scontro con la Cgil di Sergio Cofferati («personalmente capisco le loro ragioni morali contro i licenziamenti dei "vecchi"»). Giulio Tremonti, parlamentare di Forza Italia e in caso di vittoria del centrodestra, ministro dell’Economia, immagina per il futuro «giochi di pace con le parti sociali», anche se esclude «dati i cambiamenti di scenario, la «ripetibilità del 1994», l’anno del muro contro muro tra sindacato e governo Berlusconi. La Confindustria chiede un esecutivo «forte», in grado di far recuperare competitività all’Italia, con il rilancio della concertazione. Ma il confronto tra le parti sociali forse non è mai stato così difficile. Il Polo come ne uscirà in caso di vittoria? «Conosciamo le rispettive posizioni. E, in caso di successo elettorale, saremo oggettivamente prudenti. Abbiamo un progetto, non cerchiamo lo scontro». Non sarà facile stare in equilibrio tra D’Amato e Cofferati... «Proviamo a ragionare da "marxisti" sul cambiamento delle strutture economiche e, di conseguenza, sulle necessarie modifiche della sovrastruttura giuridica. In altri termini: entriamo in un secolo che non sarà dominato dalla centralità della fabbrica. Quote crescenti dell’economia non saranno più regolabili con il vecchio contratto collettivo. Già adesso ci sono circa 4 milioni di lavoratori atipici più un equivalente di grigio e nero. È una massa enorme che lavora fuori dallo schema del contratto collettivo, proprio perché manca la fabbrica e, con questa, manca la dimensione collettiva. La mia personale opinione è che sia arrivato il momento di prevedere per questa massa di contratti cosiddetti atipici, o di non contratti, un nuovo strumento giuridico. Con legittimità pari a quella del contratto collettivo». Un esempio? «Personalmente, considererei già un successo l’introduzione del "contratto libero" per i giovani sotto i 30 anni, occupati nei call center». E se la Cgil dice no? «Dobbiamo ragionare. In Collodi il pescatore chiede a Pinocchio: "Ma tu che pesce sei?". "Non sono un pesce, sono un burattino". "Ho capito, sei un pesce-burattino". Ecco, quando si parla di lavoro non possiamo più comportarci come il pescatore di Collodi e ricondurre tutto alle categorie del pesce-lavoro dipendente. Il mondo cambia e, insisto, come sanno i marxisti, se cambia l’economia, il diritto non può restare fermo». Cofferati obietta: i ragionamenti sulla flessibilità di Confindustria puntano, in realtà, ad avere mano libera sui licenziamenti. Insomma, il leader della Cgil non si fida... «Personalmente, capisco la posizione di Cofferati sui licenziamenti. È vero. Non si può dire a un cinquantenne che ha impostato tutta la vita sul posto fisso: "È il mercato bellezza", te ne devi andare. E questo in un ambiente rigido che espelle gli espulsi. Diverso il caso di meccanismi di licenziamenti-risarcimento previsti per i contratti futuri, a partire da una certa data in poi. Questa mi sembra, invece, materia sui cui si deve riflettere». Riassumendo: lei propone un patto alla Cgil. Il governo del Polo non toccherà i diritti acquisiti dai lavoratori dipendenti. In cambio chiede «libertà d’azione» sull’area degli atipici e sul sommerso. È così? «Grosso modo, la sintesi è giusta, salvo che noi non proponiamo nessun "patto" alla Cgil. Ripeto: noi vogliamo innovare e partiremo proprio dalla direttiva dell’Unione Europea sul lavoro. Certo, è vero: puntiamo sulla libertà di assumere, non sulla libertà di licenziare. Un sindacalista svedese ha detto: "Le tecnologie che mi spaventano non sono quelle nuove, ma quelle vecchie". Lo stesso discorso vale per le tipologie dei contratti». A questo punto, sarà D’Amato a protestare... «Non credo proprio. Il progetto centrale di Confindustria, quello antisommerso è il nostro piano e, comunque, le convergenze non si fermano qui».
|
 |
Giuseppe Sarcina
|
 |
 Economia
|
 |
 |
 |
 |
 © Corriere della Sera
|
 |
|
|
Per offrire una migliore esperienza di navigazione questo sito utilizza cookie anche di terze parti.
Chiudendo questo banner o cliccando al di fuori di esso, esprimerai il consenso all'uso dei cookie.
Per saperne di più consulta la nostra Privacy e Cookie Policy