15/3/2001 ore: 9:28

Intervista a Tremonti: un patto con la Cgil sugli atipici e i posti sommersi

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Corriere della Sera
L’EX MINISTRO DEL POLO
Tremonti: un patto con la Cgil sugli atipici e i posti sommersi
      ROMA - Prudenza, ma anche «innovazione giuridica». Dialogo stretto con la Confindustria di Antonio D’Amato («il loro piano per l’emersione è il nostro»). Ma nessuno scontro con la Cgil di Sergio Cofferati («personalmente capisco le loro ragioni morali contro i licenziamenti dei "vecchi"»). Giulio Tremonti, parlamentare di Forza Italia e in caso di vittoria del centrodestra, ministro dell’Economia, immagina per il futuro «giochi di pace con le parti sociali», anche se esclude «dati i cambiamenti di scenario, la «ripetibilità del 1994», l’anno del muro contro muro tra sindacato e governo Berlusconi. La Confindustria chiede un esecutivo «forte», in grado di far recuperare competitività all’Italia, con il rilancio della concertazione. Ma il confronto tra le parti sociali forse non è mai stato così difficile. Il Polo come ne uscirà in caso di vittoria?
      «
      Conosciamo le rispettive posizioni. E, in caso di successo elettorale, saremo oggettivamente prudenti. Abbiamo un progetto, non cerchiamo lo scontro».
      Non sarà facile stare in equilibrio tra D’Amato e Cofferati...

      «Proviamo a ragionare da "marxisti" sul cambiamento delle strutture economiche e, di conseguenza, sulle necessarie modifiche della sovrastruttura giuridica. In altri termini: entriamo in un secolo che non sarà dominato dalla centralità della fabbrica. Quote crescenti dell’economia non saranno più regolabili con il vecchio contratto collettivo. Già adesso ci sono circa 4 milioni di lavoratori atipici più un equivalente di grigio e nero. È una massa enorme che lavora fuori dallo schema del contratto collettivo, proprio perché manca la fabbrica e, con questa, manca la dimensione collettiva. La mia personale opinione è che sia arrivato il momento di prevedere per questa massa di contratti cosiddetti atipici, o di non contratti, un nuovo strumento giuridico. Con legittimità pari a quella del contratto collettivo».

      Un esempio?
      «
      Personalmente, considererei già un successo l’introduzione del "contratto libero" per i giovani sotto i 30 anni, occupati nei call center».
      E se la Cgil dice no?
      «Dobbiamo ragionare. In Collodi il pescatore chiede a Pinocchio: "Ma tu che pesce sei?". "Non sono un pesce, sono un burattino". "Ho capito, sei un pesce-burattino". Ecco, quando si parla di lavoro non possiamo più comportarci come il pescatore di Collodi e ricondurre tutto alle categorie del pesce-lavoro dipendente. Il mondo cambia e, insisto, come sanno i marxisti, se cambia l’economia, il diritto non può restare fermo».
      Cofferati obietta: i ragionamenti sulla flessibilità di Confindustria puntano, in realtà, ad avere mano libera sui licenziamenti. Insomma, il leader della Cgil non si fida...
      «Personalmente, capisco la posizione di Cofferati sui licenziamenti. È vero. Non si può dire a un cinquantenne che ha impostato tutta la vita sul posto fisso: "È il mercato bellezza", te ne devi andare. E questo in un ambiente rigido che espelle gli espulsi. Diverso il caso di meccanismi di licenziamenti-risarcimento previsti per i contratti futuri, a partire da una certa data in poi. Questa mi sembra, invece, materia sui cui si deve riflettere».
      Riassumendo: lei propone un patto alla Cgil. Il governo del Polo non toccherà i diritti acquisiti dai lavoratori dipendenti. In cambio chiede «libertà d’azione» sull’area degli atipici e sul sommerso. È così?
      «Grosso modo, la sintesi è giusta, salvo che noi non proponiamo nessun "patto" alla Cgil. Ripeto: noi vogliamo innovare e partiremo proprio dalla direttiva dell’Unione Europea sul lavoro. Certo, è vero: puntiamo sulla libertà di assumere, non sulla libertà di licenziare. Un sindacalista svedese ha detto: "Le tecnologie che mi spaventano non sono quelle nuove, ma quelle vecchie". Lo stesso discorso vale per le tipologie dei contratti».
      A questo punto, sarà D’Amato a protestare...
      «Non credo proprio. Il progetto centrale di Confindustria, quello antisommerso è il nostro piano e, comunque, le convergenze non si fermano qui».
Giuseppe Sarcina


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