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Internet cancella i contratti «old»

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Martedì 10 Ottobre 2000
italia - lavoro
Nelle imprese della Rete vanno in soffitta orari, salario legato alle mansioni, percorsi di carriera.

Internet cancella i contratti «old».
La parte variabile della retribuzione oscilla tra il 25 e il 50% - Non c’è traccia di sindacati o Rsu

ROMA Visto da qui, dalla prospettiva di chi vive e lavora nella net-economy, cioè nelle imprese della rete, sembra un piccolo mondo antico. Fatto di tradizioni e riti ormai passati come in un racconto di un po’ di tempo fa. C’era una volta il lavoro dipendente, il contratto di categoria, gli orari, il salario legato alle mansioni, i livelli e gli scatti di anzianità. C’era una volta il sindacato e c’erano anche le rappresentanze di base, la tutela degli interessi era collettiva e la forza contrattuale era di una parte soltanto. E c’era anche la subalternità e una gerarchia verticale dove le decisioni piovevano sui dipendenti "a cascata", senza partecipazione.

Dal piccolo mondo antico alla net-economy. Poi sono arrivate le imprese e i lavoratori di Internet, dell’informatica e delle telecomunicazioni, che hanno trasformato quello che per la maggior parte dei lavoratori è ancora presente in passato remoto. Hanno sovvertito le regole del lavoro dipendente che per loro sono diventate solo un mero riferimento formale di legalità. Hanno fatto saltare tutto dei tradizionali schemi del rapporto di lavoro costruiti da leggi e contratti. È saltata la relazione classica tra salario e professionalità fondata su funzioni e livelli, sono saltati i percorsi di carriera, gli orari, la rappresentanza sindacale ma, soprattutto, la base e il fondamento della "dipendenza", cioè, la gerarchia.

Il sapere attenua la subalternità. Non è che qui non esista più chi decide e chi esegue ma il rapporto da "verticale" è diventato "orizzontale", cioè i processi decisionali coinvolgono e rendono partecipi la maggior parte dei lavoratori. E la ragione è legata alle conoscenze e alla necessità di scambiarle in fretta: il settore è, infatti, talmente in evoluzione, talmente nuovo che c’è bisogno di un interscambio continuo tra business e tecnologia, tra gestori e inventori di servizi e di sistemi e il top management. Ma soprattutto sono ancora talmente poche le professionalità sul mercato che la subalternità viene attenuata da questa scarsità. La rivoluzione, insomma, l’hanno fatta quelli che sanno e possono trasmettere conoscenze ma anche quelli che hanno talento e imparano velocemente. Sono loro i sovversivi, quelli che attraverso il "sapere" hanno conquistato da soli una forza contrattuale reale.

Una rivoluzione fatta da trentenni. Attenzione, non stiamo parlando di manager o dei vertici societari ma di giovani con un’età media tra i 27 e i 30 anni, ribattezzati dal nuovo linguaggio-web, "professionals". Sono gestori di reti e sistemi, inventori di servizi online da offrire a famiglie o imprese, disegnatori web. Lavorano in gruppo e per obiettivi, hanno una quota di salario variabile legata a professionalità e performance che oscilla dal 25 al 50%, stock option, non hanno orari certi nè percorsi di carriera predeterminati. Da queste parti il contratto collettivo è lontano, è solo uno sfondo di legalità. Di sindacati o Rsu non c’è traccia perché, come ha detto uno degli amministratori delegati intervistati «i lavoratori qui si fanno rappresentare dai cacciatori di teste, altro che dal sindacato».

Dal contratto collettivo alla trattativa individuale. Il loro valore e, quindi, la retribuzione non è stabilita dal contratto nazionale di categoria o dall’integrativo che, infatti, nelle aziende più recenti non esiste, ma dal mercato e dalla trattativa individuale con il datore di lavoro. Tanto è vero che una delle domande su cui c’è stata più reticenza da parte delle aziende è stata quella sulle politiche salariali. Parliamo di società come Tiscali, EtnoTeam, e-Planet, Fineco e Virgilio, tutte attente a non rivelare uno dei punti strategici più delicati: quello della gestione e del trattamento delle risorse umane. E proprio attraverso queste aziende abbiamo fatto un viaggio dentro una rivoluzione che ha trasformato lavoratori dipendenti in professionisti legati a una società.

Certo, la congiuntura gioca a favore dei professionals vista l’esplosione della net-economy e la velocità con cui si diffonde che ha creato uno scarto fortissimo tra domanda e offerta di lavoro. Le poche competenze sul mercato alterano vecchie regole del gioco e anche di mercato, visti gli stipendi.

Il futuro? Un divario di saperi e di diritti. E poi, il fatto è che attraverso queste storie si sente più forte l’acuto con un’altra fetta di mondo: quello fatto da un disoccupazione dell’11% che supera il 25% nel caso dei giovani, quello della precarietà, del sommerso, dei salari d’ingresso. Questa è invece la patria dell’assunzione a tempo indeterminato, della formazione, del reclutamento fatto già dai banchi delle università. E già si intravedono altre divisioni: quelli che hanno competenze, formazione, con una propria forza contrattuale e quelli che, invece, usciranno da scuole mediocri, che non possono o non vogliono investire su se stessi. Sarà un divario di accesso al sapere che dividerà in due i diritti, le aspettative e il futuro.

Lina Palmerini