Una pensione da 877 euro contro i 1.368 euro ritenuti necessari per vivere. Ma nonostante il 71% dei lavoratori italiani sia consapevole che l'assegno previdenziale sarà inferiore all'ultimo stipendio, ben pochi sanno quanto effettivamente percepiranno una volta a riposo. Intanto, solo 30 su cento sanno quando potranno andare in pensione e addirittura solo in 17 sono consapevoli dell'esatto ammontare dell'assegno. Molto meno informati dei lavoratori olandesi, che in 59 su cento sono a conoscenza delle loro condizioni di pensionamento, ma decisamente più attenti dei giapponesi, che solo in tre si preoccupano di quanto sarà la propria pensione. Le forme alternative di integrazione del reddito sono però pressoché inutilizzate. Solo l'11% dei futuri pensionati ha attivato un piano previdenziale integrativo, il 24% ha stipulato una polizza assicurativa, mentre il 38% conta di vivere serenamente la propria vecchiaia grazie ai risparmi accumulati. Ben più previdenti a Singapore, dove l'81% dei lavoratori ha una polizza vita, o in Belgio dove 59 lavoratori su cento hanno scelto piani pensionistici specifici. L'incoscienza tutta italiana però paga, se il 92% dei lavoratori si dichiara abbastanza o molto felice. Ma sotto sotto un po' di preoccupazione per il futuro affiora, visto che solo a 51 anni ci si comincia a preparare al pensionamento, momento in cui la percentuale di felicità scende infatti al 79%. A fotografare la percezione della qualità della vita in pensione sia da parte di chi lo è già, sia da parte di chi ancora lavora, è la ricerca ´Pensione, una nuova vita dopo il lavoro?' commissionata dal gruppo assicurativo Axa e presentata ieri in contemporanea in tutta Europa. L'indagine, realizzata in 15 paesi industrializzati, dal Belgio alla Nuova Zelanda, ha coinvolto complessivamente 9.200 persone tra lavoratori e pensionati grazie alle quali si sono potute registrare le differenze esistenti tra le aspettative dei pensionandi e la realtà dei pensionati e come ci si prepara al collocamento a riposo.
I più attenti al momento in cui ci si potrà finalmente dedicare ai propri hobby o alla famiglia sono i britannici, che già a 31 anni iniziano a pensare al proprio pensionamento. Gli italiani, invece, come detto, ci pensano a 51 anni anche se poi effettivamente preparati all'appuntamento si presentano soltanto in 24. Come? Attraverso i sindacati e gli enti pubblici, ai quali si rivolgono il 34% dei lavoratori. Praticamente ignorate, invece, le fonti di informazione private, come banche e assicurazioni. Solo il 3% dei lavoratori si rivolge alle compagnie assicurative o ai broker (contro il 21% dei lavoratori di Singapore) e solo sei su cento chiedono l'aiuto di consulenti finanziari specializzati in pensioni (preferiti invece dal 50% degli australiani).
Preparati o no, in ogni caso la pensione non coincide con la vecchiaia che per gli italiani, così come nella maggior parte dei paesi coinvolti dalla ricerca, inizia a 75 anni, quindi ben oltre l'età di collocamento a riposo che peraltro dovrebbe avvenire a 58 anni. Solo i prodi giapponesi identificano nei 65 anni il momento ideale per cessare di lavorare. In compenso, si associano agli italiani quanto alla soluzione di vita ideale dopo la pensione: restare a casa propria (il 37% dei francesi vorrebbe invece trasferirsi in altre regioni). Ma tra le mura domestiche non si sta certo con le mani in mano: il 29% dei pensionati si dedica ai propri hobby (come vorrebbe fare il 39% dei lavoratori), il 12% si dedica alla lettura o agli studi universitari e il 13% è impegnato in attività di volontariato. Spazio poi al ruolo sociale degli ´anziani'. La ricerca evidenzia infatti che in Italia si ritiene che questa particolare età della vita sia garanzia di trasmissione della cultura e delle tradizioni alle generazioni successive (96% delle risposte di chi lavora, valore superato solo da Hong Kong e Portogallo). I pensionati si sentono chiamati a partecipare alla vita della comunità (84% rispetto al 54% della Spagna), a prendersi cura dei nipoti (91% contro il 53% dell'Olanda) e anche ad aiutare finanziariamente i propri familiari (78% delle risposte, valore di poco inferiore a quelli registrati in Germania, Francia e Portogallo). (riproduzione riservata)
|