
17 ottobre 2002
NORME E TRIBUTI |
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In pensione sempre prima
 Rapporto del Welfare: nel 2001 l'età media per l'assegno di anzianità si è ridotta a 56,3 anni
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ROMA - Lontana la soglia dei 60 anni; lontanissima quella dei 65. I lavoratori privati italiani continuano ad andare in pensione presto. Nel 2001, in media, l'età effettiva di pensionamento è stata di 58,1 anni. Un livello basso rispetto agli standard comunitari. Che, addirittura, nel caso dei trattamenti di anzianità scende, sempre in media, a quota 56,3. Con una significativa peculiarità: nel 2001 l'età media dei dipendenti del settore privato che hanno optato per la pensione anticipata è risultata più bassa di quella registrata nel 2000: 57 anni. Almeno questo è quanto emerge dall'appendice statistica del rapporto di «strategia nazionale sulle pensioni» che il Governo italiano consegnerà, come tutti gli altri Paesi europei, alla Ue il 23 ottobre prossimo. Nel rapporto, messo a punto per conto del ministero del Welfare da una commissione di esperti coordinata da Giuliano Cazzola (si veda «Il Sole-24 Ore» del 4 ottobre), si sottolinea la necessità di favorire rapidamente l'innalzamento dell'età pensionabile recependo le indicazioni della Ue: almeno cinque anni in più entro il 2010. E si propone anche la reintroduzione del meccanismo di indicizzazione reale delle pensioni seppure con una formula rivista (in partenza trattamenti più bassi). Congedi precoci. Dagli allegati del documento della commissione Cazzola emerge anzitutto che in Italia si continua a uscire dal lavoro troppo presto: nel 2001 l'età media di cessazione dell'attività lavorativa è risultata allo stesso livello del '99 (59,4 anni) e di pochissimo superiore a quella del 2000 (59,3 anni). Ma se per le donne si è verificato un significativo prolungamento della permanenza al lavoro (nel 2001 la media delle "uscite" è stata di 60,4 anni contro i 58,9 anni del 2000), per gli uomini, invece, è cresciuta la tendenza alle uscite anticipate (59,1 anni nel 2001 contro i 59,5 dell'anno precedente). I pensionamenti restano "anticipati". Il quadro fornito dal rapporto parla chiaro: nonostante i positivi effetti prodotti dalle riforme varate negli anni '90, il livello medio di uscita verso il pensionamento dei lavoratori privati Inps non supera i 58,1 anni ed è più basso di quello registrato nel 2000 (58,4 anni). Il dato si ricava dalla media dell'età di pensionamento di vecchiaia (61,6 anni), di invalidità (50,5 anni) e di anzianità (56,3 anni). La propensione alle "anzianità". Nel settore privato l'età media dei pensionamenti anticipati dei lavoratori dipendenti e dei coltivatori diretti nel 2001 è risultata più bassa rispetto a quello del 2000: rispettivamente 55,7 e 58,2 anni contro 55,9 e 58,3 anni. Stazionaria la situazione nel confronto sugli ultimi due anni per gli artigiani: 58,9 anni. I commercianti invece sono andati in pensione un po' più tardi rispetto al 2000: 59,4 anni rispetto a 59,3 anni. Almeno fino al 2000, comunque, la spesa per le "anzianità" è risultata in calo: 1.254 milioni €, più di cento in meno rispetto ai 1.393 milioni del '99. Obiettivo: alzare l'età. Nel rapporto il Governo ribadisce che l'obiettivo primario resta quello di favorire l'innalzamento dell'età effettiva di pensionamento. Per il ministro del Welfare, Roberto Maroni, il punto di partenza resta, come si sottolinea nel rapporto, la delega previdenziale all'esame ormai da più di dieci mesi della Camera. Ma nel documento si legge anche che l'Esecutivo è pronto «a promuovere ulteriori interventi riformatori mediante un ampio confronto con le parti sociali e senza l'assillo dell'emergenza». Spunta l'indicizzazione reale. Nel rapporto si propone anche di reintrodurre meccanismi di indicizzazione reale delle pensioni al costo della vita e alla dinamica retributiva da compensare prevedendo, almeno come opzione, un trattamento iniziale più ridotto. In altre parole, una pensione più piccola ma destinata a rivalutarsi più velocemente. Marco Rogari
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