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In Italia l’inflazione più alta d’Europa

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  Economia




10.10.2003
In Italia l’inflazione più alta d’Europa
La Cgil: per la salvaguardia del potere d’acquisto lanciamo l’offensiva salariale
di Laura Matteucci

MILANO L’inflazione è salita a livelli stellari, da tempo è la più alta d’Europa (la cui inflazione media è del 2,1%), e se l’Istat ammette che quella «percepita» è del 6%, per le associazioni dei consumatori è già arrivata almeno al 12%. Intendendo quella reale.
Gli italiani diventano sempre più poveri, con buste paga sempre più
leggere, i sindacati sono sul piede di guerra, così come anche le associazioni dei consumatori. L’erosione del potere d’acquisto è un problema non più rinviabile. «Sappiamo che ai metalmeccanici
mancheranno in busta paga, nel biennio 2003-2004, fino a
200 euro. È necessaria un’offensiva salariale che porti, nel biennio, ad un incremento adeguato delle retribuzioni». È il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, a rilanciare la vertenza sul rinnovo del contratto, chiuso la scorsa estate, ma mai riconosciuto dalle tute blu della Cgil.
Come dice Marigia Maulucci, segretaria confederale Cgil: «L’unica
possibilità di recuperare potere d’acquisto è attraverso il rinnovo dei contratti. Non è con i controlli delle Fiamme gialle che si risolverà la questione» (ieri il governo ha proposto la reintroduzione del doppio prezzo, i controlli della Guardia di finanzia e l’inasprimento degli studi di settore come misure anti-carovita). «Peccato - riprende Maulucci - che per la Finanziaria il tasso di inflazione programmata sia all’1,7%, ed è proprio sull’inflazione programmata che si fanno i contratti pubblici, per i quali oltretutto il governo ha già stanziato la metà dei soldi che servono».
La Fiom ha fatto due conti: un metalmeccanico medio, per recuperare il suo potere di acquisto, dovrebbe ricevere un aumento tra i 180 e i 200 euro mensili, mentre l’accordo separato garantisce solo 69 euro al 5° livello. Un gap non colmato neppure dai precontratti Fiom che garantiscono aumenti tra i 120 e i 130 euro. È per questo che per la Fiom occorre «sommare» ai precontratti le vertenze salariali con cui garantire altri 70-80 euro di aumento mensile medio. Il presidente dell’Istat Luigi Biggeri, intanto, dopo il sussulto d’orgoglio dell’altro giorno in Commissione Finanze, ieri ha praticamente ritrattato l’annuncio. L’inflazione è al 2,8%, dice, e quella percepita al 6% non fa testo. Il ragionamento è semplice: il 3,2% di «percezione» viene dall’arrotondamento a 2mila lire del
valore di 1 euro (in realtà meno, 1.936,27 lire), quindi non è un dato
reale. Come se questo «arrotondamento» fosse appannaggio dei soli
consumatori, e non anche di produttori ed esercenti.
Un inatteso sostegno circa le percezioni viene a Biggeri dalla Banca
centrale europea: l’inflazione percepita non so lo esiste, sottolinea in una nota la Bce, ma è un fenomeno presente nell’intera zona di Eurolandia, in particolare dopo l’arrivo della moneta unica. Nel bollettino di ottobre la Bce segnala che «a partire dall’introduzione del contante in euro, l’evoluzione di questo indicatore ha destato
forte interesse», poichè l’inflazione percepita ha cominciato a divergere da quella misurata in base all’andamento dall’Indice dell’andamento dei prezzi al consumo (Iapc) «nel gennaio 2002, per toccare il massimo storico nel gennaio 2003» scrive la Bce.
«Sebbene nel corso di quest’anno l’inflazione percepita dai consumatori di Eurolandia si sia ridotta lievemente prosegue la Bce - rimane su livelli storicamente elevati».
All’origine del fenomeno, un insieme di cause: un aumento delle spese in contante, ma anche le approssimazioni relative ai tassi di conversione delle valute in euro (come nel caso italiano), una maggiore reattività dei consumatori a ogni rincaro, dopo l’ampia copertura dei media sul carovita, ma anche l’evoluzione del prezzo degli immobili, una voce che non è nel paniere Iapc. E ancora, alcune
voci di spesa come gli alimentari e la benzina sono fra quelle più responsabili dell’inflazione percepita. Nota dell’Uda (pensionati Cisl):
«La nostra presunta allucinazione è condivisa non solo da tutte le famiglie popolari ma anche dalle massime autorità monetarie del Paese. È stato infatti il governatore di Bankitalia a stimare il galoppo del carovita per i beni di prima necessità al ritmo del 25%». La Cisl ha denunciato da tempo che l’inflazione in Italia non è tanto
conseguenza di una rincorsa salariprezzi, incentivata eccessivamente
dalle materie prime come il petrolio, ma è «una rincorsa prezzi su prezzi e quindi bisogna intervenire su tutti gli elementi della speculazione», come dice Savino Pezzotta.




   

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