Il signor Coop: il mio carissimo nemico Caprotti
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Campaini: ho detto no alla finanza di Consorte
MILANO — Un’infanzia sotto i bombardamenti a Montelupo, una cittadina alla periferia di Firenze, il diploma in ragioneria e il lavoro in vetreria dove viene licenziato perché partecipa a uno sciopero. Comunista da sempre (e da sempre in polemica con il partito) Turiddo Campaini entra giovanissimo nel mondo cooperativo, il grande amore della sua vita (dopo la moglie Carla) fino ad arrivare ai vertici di Unicoop Firenze, la più grande coop di distribuzione italiana, dove da 37 anni siede nella poltrona di presidente. Una poltrona non sempre comoda, soprattutto quando in ballo ci sono da difendere i valori mutualistici e di solidarietà presi a prestito dalle prime società di operai e contadini. Gli stessi valori che hanno motivato la pubblicazione della sua biografia, un libro-intervista realizzato dal giornalista Pietro Jozzelli, dal titolo «Un’altra vita è possibile. Quando i valori dell’uomo condizionano le leggi del profitto» (B.C. Dalai editore), in libreria martedì prossimo.
Toscano dal «carattere duro come i sassi d’Arno», Campaini, si «confessa», non tralascia nulla dei suoi 70 anni di vita, nemmeno la lotta quotidiana (e trentennale) contro il concorrente, Esselunga. Tanto che al suo più caro nemico Bernardo Caprotti dedica un capitolo dove racconta episodi di una «battaglia vera» tra le due realtà ma anche di «una forma di rispetto tra avversari». «Quanto a Caprotti imprenditore... — racconta Campaini — sono io che ho imparato qualcosa da lui... la necessità di fissare rifornimenti a corto raggio l’abbiamo imparata da Caprotti. Da lui ho appreso un’altra cosa: la coerenza ferrea». Senza rinunciare a sottolineare «una differenza di vedute psicologiche o sociologiche» tra chi ha creato un modello imprenditoriale a sua somiglianza e chi crede nel «primato assoluto delle persone» in una realtà che è insieme impresa e «organizzazione di soci». In un altro capitolo dal titolo emblematico «Perché la cooperazione dice no alla speculazione finanziaria», il manager di sinistra racconta del suo rifiuto alla scalata di Unipol alla Bnl, una vicenda che è stata «l’epilogo di un rapporto sempre molto controverso con Consorte». E che qui è l’occasione per togliersi qualche sassolino («non ero d’accordo sul coinvolgimento di Unipol in quel modo di fare finanza») e svelare il Campaini-pensiero su una «finanza popolare» come servizio per i soci, lontana dalla Borsa, «sinonimo di speculazione» e «assolutamente incompatibile con la società cooperativa», i cui valori sono «trasparenza, democrazie e partecipazione». Con le sue riflessioni su impresa e stili di vita, il libro diventa una sorta di programma per uscire dalla crisi economica (dovuta al «modello americano») e avere una società più giusta e civile.