16/7/2010 ore: 11:18

Il neo-vallettismo spiazza Cisl e Uil Epifani: "Rischio radicalizzazione"

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TORINO - La decisione della Fiom di citare la Fiat in giudizio per comportamento antisindacale (la violazione dell´articolo 28 dello Statuto dei lavoratori) segnala il livello di guardia cui è giunto lo scontro tra il Lingotto e i metalmeccanici della Cgil. Un livello inimmaginabile fino a qualche tempo fa quando, anche per la Fiom, Sergio Marchionne era soprattutto il manager che aveva messo da parte i vecchi riti Vallettiani e le muscolarità Romitiane per cercare il dialogo con i lavoratori e con loro provare a salvare un´azienda data per decotta e sull´orlo del fallimento.
Il mutamento di scenario determinato dallo scontro su Pomigliano, con l´accordo separato sulla ristrutturazione per produrre la Panda, ha fatto cessare la luna di miele tra una parte del movimento sindacale e l´ad del Lingotto. I licenziamenti di delegati Fiom di questi giorni hanno aggiunto altra benzina sul fuoco perché è difficile evitare il collegamento tra provvedimenti che colpiscono iscritti di un solo sindacato e il fatto che sia proprio quel sindacato ad aver criticato con più forza le scelte di Marchionne. Ma il braccio di ferro rischia ora di mettere in seria difficoltà anche le organizzazioni sindacali come Fim, Uilm e Fismic, che pure avevano accolto le proposte aziendali per Pomigliano.
I segnali di quella difficoltà si ritrovano nelle dichiarazioni delle ultime ore. Gli attestati di solidarietà dei vertici torinesi della Fim-Cisl ai delegati della Fiom licenziati vanno anche letti alla luce della dichiarazione di Raffaele Bonanni che ieri ha invitato la «Fiat a non cadere nella trappola della Fiom comportandosi come ai tempi di Valletta. La Fiat di oggi non ha bisogno di Vallettismo ma di relazioni partecipative». La difficoltà di Bonanni e di Angeletti (duro il suo commento: «Bisogna conoscere la situazione. In Italia è vietato licenziare se non per giusta causa no?») nasce dal fatto che lo schema Vallettiano premia i sindacati più conflittuali e fa un grande favore alla Fiom, schiacciando in un angolo gli altri. A rendere ancora più dura la vita ai firmatari dell´accordo di Pomigliano c´è la decisione dell´azienda di non pagare alcun conguaglio per il premio di produzione di luglio. Una scelta dettata dalla crisi ma una scelta impopolare per dipendenti che hanno già visto ridotti i salari dalla cassa integrazione. Tanto che nei cortei di queste ore si sono sentiti a Torino operai commentare: «Con le lettere di Marchionne non faccio la spesa». Per dire che anche il consenso ha un prezzo.
Anche la Cgil è in difficoltà: «La Fiat sta sbagliando strada, la radicalizzazione non serve a nessuno», avverte Epifani. È evidente che la linea dura del Lingotto rafforza la linea dura della Fiom e mette in crisi chi nella Cgil spingerebbe per un atteggiamento più morbido. In sostanza la scelta dello scontro fatta a Torino sembra creare più problemi di quanti ne possa risolvere. Ora Marchionne parte per gli Usa e le vicende italiane, osservate dall´altra parte dell´Atlantico, potranno forse assumere contorni diversi. Certo la vera partita Fiat si giocherà in autunno. Quando anche i vertici della Fiom, da poco rinnovati, saranno pienamente operativi e in grado di scegliere quale strada imboccare.

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