Il mio lavoro in cambio di un lavoro - di Mario Deaglio
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(Del 16/2/2002 Sezione: Prima Pagina Pag. 1)
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IL MIO LAVORO IN CAMBIO DI UN LAVORO
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Mario Deaglio |
QUALE che sia il loro esito finale, le manovre di questi giorni attorno all?articolo 18 lasceranno il segno su sindacato, maggioranza e opposizione: una Cgil pi? dura e pi? sola, un governo insicuro, una maggioranza incerta, un?opposizione che non riesce a superare le proprie divisioni. Il tutto sullo sfondo di cortei affollati e tumultuosi in mezzo al traffico cittadino, nei quali si protesta contro tutto, dalla globalizzazione ai programmi per le scuole elementari. Tutto questo avviene perch? non si possono modificare a cuor leggero norme e garanzie che hanno regolato per decenni la vita di un paese; il consenso necessario ? di tipo diverso da quello che si pu? misurare semplicemente con l?aritmetica delle votazioni parlamentari. E? indispensabile, insomma, porre nuovi patti sociali alla base della convivenza ordinata e della crescita economica. Come si costruiscono simili nuovi patti? Il caso ha voluto che, proprio in questi giorni complicati, venisse presentato a Roma il progetto anglo-italiano in materia di lavoro, un tema su cui la collaborazione tra Italia e Gran Bretagna risale ai tempi del governo Prodi. Il fatto stesso che il documento finale abbia potuto essere tranquillamente sottoscritto da un governo di matrice socialdemocratica, come quello inglese, e da un governo di centrodestra come quello italiano mostra che, su alcuni temi molto generali, il consenso sul lavoro ? possibile. La filosofia del documento sembra essere quella di unire una generale flessibilit? su lavori specifici con la permanenza, e anzi il rafforzamento, di una garanzia generale all'occupazione. Non ti posso garantire, dicono in sostanza Blair e Berlusconi, che continuerai a fare il tuo lavoro attuale ma, se sarai flessibile, ti potr?, o meglio ti dovr? (quasi) garantire che un lavoro lo troverai. O per dirla con le parole di Blair, in un suo articolo comparso sulla ?Stampa? l?11 febbraio del 1999, ?... se puoi lavorare, devi lavorare... se lavori sodo il governo ti garantisce che non finirai in miseria?. Nessuno, insomma, ha diritto al ?suo? posto di lavoro, ma tutti, per contro, devono aver diritto a ?un? posto di lavoro, non troppo lontano da casa e adeguato alle loro capacit? professionali. Ne hanno diritto anche quelle poche migliaia di pulitori di carrozze ferroviarie, di certo tra i lavoratori pi? deboli e i pi? indifesi d'Italia, i quali, tra l?indifferenza generale e senza alcun vero sostegno da parte sindacale, rischiano di perdere la loro modesta occupazione per un?assurda interpretazione dei meccanismi del mercato e dell'efficienza. E che, per farsi sentire, devono bloccare i binari e causare un enorme disagio collettivo. Il vero discorso sul lavoro non passa quindi per l'articolo 18 e per una ?giusta causa? di licenziamento la cui centralit? appartiene al passato ma piuttosto sulla creazione, con la necessaria flessibilit? nell'occupazione, di nuove opportunit? e di nuove sicurezze. E' questa la strada da percorrere per non avere scioperi sempre pi? duri e una societ? sempre meno unita. deaglio@econ.unito.it
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Mario Deaglio
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