29/11/2017 ore: 13:35

Il Manifesto - Subito una legge per le lavoratrici part-time

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Una legge per sanare l’ingiustizia subita da circa 80 mila lavoratrici italiane in part-time ciclico: a chiederla sono Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Uiltrasporti della Lombardia, regione in cui questo particolare contratto - in uso ad esempio negli asili e nelle materne - è molto diffuso e ha creato delle vere e proprie discriminazioni nell’accesso ai sussidi di disoccupazione e soprattutto nel conteggio dei contributi per la pensione. Le lavoratrici in questione sono dipendenti di cooperative e ditte di appalto, svolgono la loro attività nelle mense, nelle pulizie, nell’assistenza ai bambini con deficit psico-fisici, per 15/20 ore a settimana: quindi già con salari non certo alti. In più, non prestando servizio da giugno a settembre non solo non percepiscono reddito, ma per le leggi attuali non hanno diritto neanche ai sussidi e si vedono conteggiare dall’Inps solo 40 o 44 settimane l’anno, invece di 52, nel calcolo dei contributi: con il paradosso di dover lavorare 50 anni per maturare quello che normalmente si raggiunge in 40. Molte hanno fatto causa all’Inps, e le stanno vincendo tutte: le vertenze già arrivate in Cassazione hanno imposto all’istituto di previdenza di riconoscere le52 settimane. Fondamentale è stata una sentenza della Corte di giustizia europea - del 10 giugno 2010 - che ha affermato il principio di non discriminazione tra i lavoratori part-time e quelli full time, disponendo che «l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se egli avesse occupato un posto a tempo pieno». «Il problema è che l’Inps presenta puntualmente ricorso - spiega Giorgio Ortolani, segretario generale della Filcams Cgil di Brescia - quindi la lavoratrice viene costretta ad aspettare ulteriori anni prima di poter accedere a quanto le spetta di diritto, con un evidente spreco di risorse pubbliche. Visto che sono già duemila solo in Lombardia gli avvii di percorsi vertenziali, abbiamo calcolato che per l’Inps si prevede un esborso di 4 milioni di euro soltanto per rifondere le spese giudiziarie del primogrado». Patrizia Villani presta la propria attività presso una materna di Milano e ha vinto una causa con l’Inps - in primo grado - tre settimane fa: «Lavoro dal 1974 - spiega - e secondo i parametri che valgono per tutte le altre categorie potrei andare in pensione a ottobre 2018, con 44 anni di contributi. Se non avessi fatto causa, al contrario, dovrei fermarmi a scuola fino al raggiungimento dell’uscita per vecchiaia, e passerebbero altri dieci anni». Il lavoro negli asili - che prevede le pulizie al mattino e all’uscita, la preparazione dei pranzi con la movimentazione delle confezioni termiche e altri servizi - è sicuramente pesante per il fisico, ed è difficile pensare che dopo 44 anni di attività lo si possa portare avanti per altri dieci, fino ai 67 anni. «Credo sia arrivato il momento che io esca - dice Patrizia - Sono contenta di aver vinto in giudizio, è una vittoria per tutte noi: per le difficoltà che già affronti quando ogni anno non lavori per tre mesi e non percepisci nessun sostegno». I sindacati stanno insistendo presso i partiti perché venga presentato un emendamento alla legge di Bilancio che sani le ingiustizie subite da queste lavoratrici: Pd e M5S hanno già presentato due interpellanza parlamentari al ministro del Lavoro Poletti, e ieri se ne è aggiunta una terza di Mdp. Claudio Cominardi dei Cinquestelle e Miriam Cominelli del Pd hanno preannunciato emendamenti in arrivo aMontecitorio e al tema si è interessato anche il presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano (Pd). Lo stesso ministero del Lavoro nei mesi scorsi si è pronunciato a favore di un provvedimento che riconosca finalmente i diritti delle lavoratrici part-time. «La volontà sembra esserci da tante parti - conclude Ortolani della Filcams Cgil - A questo punto ci auguriamo che si cambi presto la legge». I sindacati: agire conemendamenti alla manovra. Già tante le cause vinte contro l’Inps