Il governo li convoca, i sindacati cercano di evitare l’ordine sparso
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martedì 7 giugno 2005
CONTRATTI. PRIMA LE PAROLE DI ICHINO E POI LA MOSSA DI LETTA COLPISCONO NEL SEGNO
Il governo li convoca, i sindacati cercano di evitare l’ordine sparso
di Ettore Colombo
Il governo scrive, convocando il sindacato per ridiscutere le regole delle contrattazione, ma il sindacato, per ora, prende tempo. La riforma dell’accordo del ’93 è «improcrastinabile» scrive in una lettera inviata alle parti sociali il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, annunciando di stare lavorando alla definizione di un’agenda di incontri con le parti sociali, lettera che segue quella inviata subito dopo la chiusura del contratto dei dipendenti pubblici e che aveva provocato un brusco battibecco Epifani-Pezzotta sulla possibilità o meno d’inserirlo nell’accordo. Carla Cantone, della segreteria confederale Cgil, scrolla le spalle: «Se ci convocano andremo, ma a dire al governo che le priorità del paese sono altre» e ribadisce che «serve prima una posizione unitaria del sindacato» (unità che, appunto, non c’è). Peraltro, frena lo stesso Pezzotta, spiegando che «la Cisl è in fase congressuale e fino a dopo il nostro congresso non apriamo consultazioni». Insomma, la Cisl - prima di rompere - vuole sperimentare la possibilità di una via unitaria con la Cgil. La Uil, pure ben disponibile alla riforma, dice con il segretario aggiunto Adriano Musi che «prima occorre chiudere i contratti del pubblico impiego e quelli privati, a partire dai metalmeccanici». Dopodiché, dice Musi, si potrà aprire il tavolo. In realtà, Musi dice qualcosa di più: «Ha ragione Ichino che, sul Corriere della Sera, denuncia che il problema della Cgil è solo politico. Non vuole discutere con questo governo, atteggiamento inaccettabile. Non si può voler parlare solo con i governi amici. Non sono pessimista e spero che troveremo una quadra unitaria ma riaffermo anche la volontà della Uil di andare al confronto. Con la Cgil ma anche con le altri parti sociali». Anche Giorgio Santini, che ha elaborato il modello di contrattazione decentrata per la Cisl, indica «posizioni non inconciliabili, tranne che su un paio di punti, come emerso dal lavoro della commissione unitaria» ma giudica «paradossale e illegittimo impedire un vero confronto tra noi. Ogni contratto che chiudiamo o abbiamo di fronte, dal pubblico impiego ai meccanici ai trasporti, ci pone davanti allo stesso problema, gli assetti contrattuali. Alla Cgil, con cui non voglio rompere dico “Se non ora quando?” mentre al governo chiedo di mettere a disposizione risorse per aiutare la riforma e a Confindustria di andare avanti nel confronto». Agostino Megale, presidente dell’Ires e capofila della filiera riformista in Cgil, allarga le braccia: «un’intesa con questo governo è ardua ma bisogna trovare una posizione comune con Cisl e Uil al più presto, non tra sei mesi». E Cesare Damiano, responsabile Lavoro dei Ds, ieri impegnato in una discussione sui temi del lavoro alla Fabbrica di Prodi con lui e i suoi “professori”, propone la quadra: «la produttività va contrattata a livello decentrato, a livello nazionale bisogna difendere il potere d’acquisto dei salari e discutere di normative». Ricetta che alla Fiom però non piacerebbe. Confindustria, che proprio con la grana del contratto aperto dei meccanici è alle prese, ha però voluto «tenere fermo» l’invito a Epifani a Santa Margherita Ligure, lo scorso week end, a casa dei giovani imprenditori. «Un segnale di attenzione e rispetto per la Cgil». Sarà, certo è che il risultato è stato un “grande gelo”, dietro la formale correttezza, nel dialogo che si è sviluppato tra Epifani e il vicepresidente di Confidustria Alberto Bombassei.
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