Indonesia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti, Italia e molti altri Paesi del mondo: i dipendenti delle più importanti catene alimentari incrociano le braccia in occasione della Giornata internazionale a loro dedicata. “Protestiamo contro scarso numero di ore, salari non adeguati, part-time forzato e l’utilizzo sempre più importante dei voucher” spiega a ilfattoquotidiano.it Luca De Zolt, della segreteria nazionale Filcams Cgil
Contratti nazionali scaduti e mai rinnovati, salari bassi e, in alcuni casi, senza
diritti. I lavoratori dei
fast food tornano a riunirsi in occasione della
Giornata internazionale a loro dedicata, il 4 settembre. Una protesta a suon di
presidi e
volantinaggi all’esterno dei ristoranti fast food di moltissime catene in Italia,
Indonesia, Regno Unito,
Germania e in molti altri Paesi. Negli
Stati Uniti d’America è previsto uno sciopero nazionale per la campagna “
FightFor15” (quella per i 15 dollari l’ora di salario minimo garantito) con azioni in tutte le principali città della Confederazione. In Italia la
Filcams Cgil (affiliata all’
International Union of Food) ha organizzato una protesta all’esterno dei fast food delle principali catene. “Protestiamo contro scarso numero di ore,
salari non adeguati, part-time forzato e l’utilizzo sempre più importante dei
voucher, tutti fattori che fanno aumentare il livello di
precarietà” spiega a
ilfattoquotidiano.it Luca De Zolt, della segreteria nazionale
Filcams Cgil. A Milano, in programma dalle 9.30 un flash mob nel piazzale antistante la
Camera del Lavoro Cgil e, contemporaneamente, a Roma, si farà
volantinaggio alla Stazione Termini. Ma sono diversi i Paesi che parteciperanno alla
mobilitazione.
Tra questi anche la
Germania, dove è passato alla storia lo scandalo che ha travolto
Burger King nel maggio del 2014, quando i giornalisti della trasmissione “
Team Wallraff – Reporter Undercover” trasmisero sul canale RTL un servizio sulle
condizioni igieniche e lavorative di alcuni Burger King in Germania. Furono intervistati
dipendenti che dicevano di non essere pagati né per le ore di
straordinario, né per le ferie. E il giornalista investigativo
Günter Wallraff ha raccontato di aver condotto la stessa indagine anni prima anche per
McDonald’s e che solo tempo dopo si ottenne un
miglioramento di diritti e delle condizioni di lavoro dei dipendenti. Di fatto nel 2014 la sede centrale di Burger King annunciò provvedimenti contro la società
Yi-Ko, che dall’anno prima gestiva una novantina delle circa 700 filiali di Burger King in Germania.
I PRIMI EFFETTI DELLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE – Proprio da quell’anno i lavoratori dei fast food di tutto il mondo hanno unito le forze in una crescente campagna internazionale. Sono coinvolti i sindacati nazionali affiliati a
Iuf (l’associazione internazionale dei sindacati dei settori ristorazione,
alberghi, catering e agricoltura), che si occupano di questioni quali il diritto di aderire o di formare un
sindacato, il pagamento di salari bassi e inadeguati al lavoro svolto, ma anche i contratti applicati unilateralmente senza
orari minimi garantiti e occupazione precaria. Ma già da qualche anno prima, ogni anno, i
dipendentidelle più famose catene di fast food negli
Usa scendono in piazza per scioperare.
È accaduto a novembre 2012 e nel dicembre 2013quando in cento
città americane incrociarono le braccia i dipendenti di aziende come McDonald’s, Burger King,
KentuckyFried Chicken, Pizza Hut. A guidare la lotta due associazioni:
Fast Food Forward e
Flight for 15, un nome che fa riferimento ai 15 dollari l’ora di salario minimo garantito. Obiettivo raggiunto ad oggi solo in alcuni
Stati.
In questi anni qualcosa in alcuni Paesi si è già mosso. “Recentemente – spiega la
Filcams Cgil nazionale – nel Regno Unito, una lunga campagna del sindacato
Bfawu (The Bakers and Allied Food Workers Union) contro i ‘contratti a zero ore’ ha portato
McDonald’s a stipulare contratti fissi con un numero minimo di ore
garantite”. In Germania, il sindacato
Ngg è tuttora in conflitto con i datori di lavoro sulla giusta
remunerazione e sul salario per i lavoratori dei fast food. “In
Indonesia – aggiunge il sindacato –
Fspm è impegnato a far rispettare i diritti fondamentali per i lavoratori della catena dei fast food locali di
Champ Resto, mentre in Nuova Zelanda, Unite Union ha raggiunto un accordo con
McDonald’s che prevede aumenti salariali rispetto al
salario minimo orario.
LA MOBILITAZIONE IN ITALIA – Proprio a sostegno di queste campagne i sindacati affiliati all’
International Union of Food, in particolare quelli con iscritti del settore ristorazione, si sono organizzati per attirare l’attenzione sulle
condizioni di lavoro, generalmente povere, nei fast food. “La situazione complessiva dei lavoratori italiani – spiega la Filcams Cgil – non è certo più rosea che altrove: il
contratto collettivo nazionale è scaduto da più di 4 anni e
Fipe Confcommercio, fino ad oggi, ha sempre vincolato l’eventuale raggiungimento di un accordo a un netto taglio del costo del lavoro da ottenere peggiorando le
condizioni normative e salariali di quasi un milione di addetti che operano nel settore ristorativo”. Ad oggi in
Italia i lavoratori impiegati nei fast food sono circa
20mila. La precarietà riguarda soprattutto quelli impiegati nei franchising, gli
indiretti, che sono circa il 70 per cento. “Sono quelli gestiti da altre società che non sempre rispettano le regole” aggiunge
De Zolt. Si lavora dalle 8 alle 24 ore a settimana, ma la media è inferiore alle
20 ore. “La
retribuzione mensile del part-time 20 ore – spiega – va dai 550 ai
650 euro. In busta al lavoratore arrivano mediamente 8,5 euro all’ora, mentre con l’
aumento che chiediamo si arriverebbe almeno a 9”. Non certo una
rivoluzione, ma un passo necessario considerando che i
minimi tabellari sono fermi al 2013.