I leader si ritrovano, l'unità sindacale resta lontana

(Del 23/10/2002 Sezione: Economia Pag. 2)
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DOPO LO SCIOPERO DEL 18 LA TENSIONE RESTA ALTA I leader si ritrovano, l'unità sindacale resta lontana
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polemica Mario Sensini
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ROMA PER la prima volta insieme in tv dopo tanti anni», come annuncia Bruno Vespa aprendo la puntata di Porta a Porta, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil non danno proprio una bella prova di compattezza. O quanto meno non quella che ci si poteva attendere, ora che è scivolato via lo sciopero solitario della Cgil e che altri difficili confronti con il governo lasciano intravedere nuovi, ipotetici ma possibili, terreni di intesa tra le tre sigle sindacali. Non passa un minuto dall´inizio della trasmissione, che tra Savino Pezzotta e Guglielmo Epifani le polveri si incendiano, e volano le accuse. «Non si può dire vogliamo l´unità sindacale e nello stesso tempo dire in piazza che la Cisl ha sbagliato tutto. Se è così prima di parlare di unità sindacale, oggi, ci penso due volte. Quello della Cgil è uno sciopero contro la riduzione delle tasse che abbiamo ottenuto con il Patto per l´Italia» tuona Pezzotta. «Chiamarlo Patto per l´Italia è una forzatura. E´ sbagliato, basato su fondamenta fragili, ininfluente in un´ottica anticrisi» replica stizzito Epifani. «Non è così». «E´ così». E ancora battibecchi, mentre scorrono le immagini della manifestazione della Cgil di Torino, con Angeletti e Pezzotta dipinti impiccati, con quel cartello che chiama «Giuda» il segretario della Cisl. Finchè il tono delle voci si altera, con Epifani che quasi urla a Pezzotta: «Fammi parlare!». E dire che la giornata di ieri si era aperta, al convegno della Uil di Torino, con un appello quasi accorato di Piero Fassino e (un po´ meno) di Francesco Rutelli, proprio all´unità sindacale, che l´Ulivo oggi sembra considerare quasi come un elemento indispensabile per garantire la sua stessa solidità interna. «L´unità sindacale - aveva detto Fassino - è un valore in sè perchè è una delle condizioni per poter realizzare gli obiettivi per cui ci si batte. Se si considera l´unità un valore è sempre possibile trovare un punto d´intesa che consenta di perseguire un obiettivo insieme. Ci sono le condizioni per guardare avanti» aveva aggiunto il leader dei Ds elencando i possibili terreni di convergenza: Mezzogiorno, Legge Finanziaria, Fiat, rinnovi contrattuali. Stessi concetti espressi da Rutelli, che pure non aveva rinunciato a dare una pizzicata alla Cgil. «Così come dobbiamo rispetto ai lavoratori che hanno manifestato nelle piazze, lo stesso rispetto lo si deve a chi ha fatto il proprio mestiere di sindacalista. Questa è la strada per l´unità: il rispetto reciproco. Sono fiducioso - aveva detto Rutelli - che ci si arriverà. Lo chiedono i lavoratori, i pensionati, fra un po´ anche la Confindustria che dopo aver lavorato per spaccarvi ora non ne può più di trovarsi davanti tre piattaforme». Come quelle, per inciso, per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e che uno sciopero probabilmente unitario (forse il 15 novembre) difficilmente riuscirà a riunificare. Che l´«unità sindacale» in questo momento sia ancora una parola troppo grossa da spendere, lo fanno capire poco dopo lo stesso Pezzotta e il segretario confederale della Cgil, Paolo Nerozzi. Il primo che si dice «disponibile a ragionare su qualsiasi convergenza», purchè non gli si chieda «di rinnegare gli accordi fatti, a partire dal Patto per l´Italia». Il secondo che consiglia a Fassino «di occuparsi dell´unità delle forze di opposizione», ma che nello stesso tempo dice chiaro a Pezzotta che «non ci può essere unità tra chi considera il Patto per l´Italia la panacea di tutti i mali e chi pensa sia un morto che cammina». Avanti così, fino alla prima apparizione televisiva dei tre segretari in tv «dopo tanti anni». Pezzotta ed Epifani bisticciano sullo sciopero, poi sulla riforma fiscale, che vede il segretario della Cgil completamente isolato nel suo match a latere, violento anche questo, con il vice ministro dell´Economia, Mario Baldassarri. Avanti così, in crescendo, fino all´articolo 18, che tutti avevano davvero dimenticato con piacere. «Abbiamo dato nuovi diritti a due milioni di lavoratori che non l´avevano» dice Angeletti. «Se resta il diritto di reintegro è merito nostro», dice Pezzotta. «No, è un attacco ai diritti che si estenderà. E´ un piccolo foro che farà crollare la diga», replica Epifani, assicurando tutti che dopo lo sciopero del 18 la politica della Cgil non cambierà.
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