12/12/2005 ore: 12:15
I diesse si scoprono sconcertati da Consorte
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FINANZA A SINISTRA NEL PARTITO L'INIZIATIVA DELLA COOPERATIVA STA DIVENTANDO ARGOMENTO TABÙ Antonella Rampino Noi accomunati ai furbetti del quartierino? Noi figli di Berlinguer, noi che scagliavamo la questione morale contro il partito-Stato, contro la Dc e i suoi tentacolari faccendieri, noi oggi sbattuti oggi in prima pagina assieme a Ricucci, Fiorani, Gnutti e compagnia bella? L’orgoglio e la rabbia diessina erano a scena aperta, per chi l’altro giorno fosse passato in Senato e avesse osservato i capannelli di senatores della Quercia messi di fronte alla notizia: non solo la magistratura che indaga per aggiotaggio Giovanni Consorte di Unipol, ma lo stesso che pare abbia operato «di concerto» con i furbetti del quartierino, appunto, godendo pure di favori che normalmente, come ogni cittadino italiano ben sa, difficilmente le banche italiane accordano. «Cose al di là di ogni peggior immaginazione», scuote la testa Lanfranco Turci, che è per l’appunto un senatore diessino, e per giunta salito agli alti ranghi istituzionali dopo una carriera tutta nel mondo delle cooperative rosse, di cui diventò famoso e stimatissimo presidente. «Separare, separare, separare sempre gli affari dalla politica» fa Cesare Salvi, che con Massimo Villone ha scritto pure un recentissimo saggio sui «Costi della politica». Turci dice che il partito vive «nello sconcerto», e sottolinea che esso «potrebbe diventare grave disagio, anche se per ora quelle sui conti correnti di Consorte presso la Popolare di Fiorani sono solo indiscrezioni giornalistiche». Perché nessuno poi, non Latorre ma nemmeno il «sinistro» Salvi o il liberal Morando vuol credere che l’operazione venga stoppata: in quel caso la caduta d’immagine che oggi affligge il mondo cooperativo investirebbe tutta la Quercia, scuotendone vigorosamente ogni ramo. Per questo, anche se Latorre non lo dice esplicitamente, oggi Fassino e D’Alema tacciono: «E’ bene che non riparta la polemica politica: la politica deve stare lontana da queste questioni, e meno ne parla meglio è». E’ abbastanza annoiato, Latorre, e annoiato al punto da lanciare un messaggio ad uso interno: «Questa questione è ormai una linea del Piave: le prese di posizione, e i comportamenti su di essa tenuti lasciano il segno». Comprare la Bnl usando i soldi della Bnl, così come ai tempi del D’Alema di Palazzo Chigi fu possibile ai nuovi «capitani coraggiosi» comprare la Telecom con i soldi di Telecom: questo è il nodo, la questione morale che ha spinto la Quercia nella bufera quest’estate. E ci fu, nell’opinione di Cesare Salvi, «di certo un eccesso di difesa e anche un eccesso di esposizione da parte di D’Alema e Fassino, i quali mi pare però che qualcosa da quell’esperienza abbiano appreso: ci sono le regole di sistema, e la politica deve fare un passo indietro». «Ne eravamo usciti bene» è l’opinione di Morando «anche perché il punto tra noi condiviso era appunto quello delle regole e del suo gestore», che è poi come dire Antonio Fazio. Adesso, la preoccupazione si riapre: dalle parti di Nens, epicentro politico-economico dato che si tratta del centro studi di Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco, ci si rammarica appunto di un «eccesso di prudenza» usato a suo tempo nei confronti del governatore della Banca d’Italia, che si sapeva avrebbe dovuto esprimere il proprio monocratico parere anche sull’opa di Unipol. |