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ATTUALITA
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lunedi 19 Novembre 2001
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pag. 16
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Gucci: "Usa in crisi? E noi andiamo ad aprire un negozio a Mosca" mercati alternativi ANDREA GRECO
Gucci non si fascia la testa, conferma le stime 2001 (già ribassate due mesi fa) e prepara il budget 2002 con qualche spesa in meno ma un negozio russo in più. Gli analisti – convocati giovedì scorso a Londra per una presentazione – sembrano gradire, pur nella forzata cautela dettata dalla congiuntura, che ha colpito il settore del lusso in modo più diretto e radicale di altri. La scorsa settimana un punto Gucci ha aperto i battenti a Mosca, nella prestigiosa Tretyakovsky Proyezd. Gestito come il primo dalla società franchisee Mercury Distribution e pensato dal direttore creativo Tom Ford insieme all’architetto William Sofield, si estende su 530 metri quadrati e offre l’intera gamma delle linee Gucci. Nell’occasione Domenico De Sole, presidente e amministratore delegato, si è detto «soddisfatto per la performance del marchio in Russia». Il manager calabrese ha inoltre confermato le stime di crescita sugli utili annuali, riviste il 25 settembre dopo il disastro di New York. «Sono contento di poter affermare che riteniamo di centrare gli obiettivi annunciati lo scorso 25 settembre», ha detto De Sole sottolineando che l’attività negli Usa (pari a quasi un terzo del fatturato di gruppo) risente degli attentati terroristici di settembre, ma che le perdite sono compensate dalle attività nel resto del mondo. Gucci prevede una crescita dell’utile per azione compresa tra 2,6 e 3 dollari, attese riviste all’ingiù rispetto ai 3 dollari stimati in precedenza. Il fatturato 2001 dovrebbe essere compreso tra 2,3 e 2,4 miliardi di dollari rispetto ai precedenti 2,45 miliardi di dollari. La società fa sapere che la reazione al nuovo scenario della situazione internazionale è stata rapida, con ristrutturazioni delle voci di costo ove possibile, per esempio alle voci viaggi e comunicazione. Gucci ha inoltre bloccato le nuove assunzioni, ma finora non ci sono licenziamenti, e nel breve termine non ne sono previsti. I manager del gruppo stanno redigendo in questi giorni il budget 2002: non emergono indicazioni per ora, ma alcuni dati di partenza, come quello relativo alle vendite degli ultimi mesi, registrano una tenuta in Europa e Asia, un miglioramento del Giappone (forse anche per il minor numero di turisti jap all’estero) cui si contrappone la sofferenza delle aree commerciali americane a New York, Las Vegas e Hawaii, dove il turista modaiolo dava una grossa mano. «Gucci è in linea col nostro approccio», dice Hassan Elmasry, gestore della Sicav Morgan Stanley che ha in portafoglio il titolo nei settori European Equity Growth e European Equity, «è protetta dai ribassi dal put di Ppr, che rende l’azione relativamente poco rischiosa. Il gruppo è in buona fase di ristrutturazione dei marchi recentemente acquisiti, il management è valido e, passata la fase di rallentamento, nel lungo periodo i profitti cresceranno a un tasso annuo del 15%». Gucci è uno dei pochi marchi nazionali (con Eni, Telecom, Tim, Unicredit e IntesaBci) su cui punta la Sicav Morgan Stanley. «E’ un titolo che si scosta un po’ dalla realtà borsistica, di fatto comportandosi come un bond», dice Carlo Cultrera di Caboto, alludendo alle vicende societarie. L’azionista Ppr si è infatti impegnato, anche attraverso un’Opa, a ritirare i titoli Gucci in circolazione nel marzo 2004 a un prezzo di 101,5 dollari. Se a quella data il titolo (che oggi quota attorno agli 85 dollari) varrà di più, i soci saranno ben lieti di tenerselo. «La società nel lungo periodo ha prospettive più che positive; nel breve può soffrire come le altre rivali, ma il prezzo sarà molto meno influenzato per gli impegni presi da Ppr». In questa fase di mercato Cultrera assimila Gucci ai titoli difensivi. La geografia del marchio con la G nel mondo consta di 194 punti vendita monomarca, 38 duty free e 353 punti vendita in grandi negozi: nel Nord America, rispettivamente, le unità sono 35, 5 e 76; in Europa sono 59, 3 e 263; in Giappone 40, tutti monomarca; nel resto dell’Asia 44 monomarca e 22 duty free; nel resto del mondo 16, 8 e 14. Per quanto riguarda negozi e punti vendita delle altre griffe controllate, Ysl ne ha 39, Sergio Rossi 28, Boucheron 13, Alexander McQueen 1 e Bottega Veneta 48.
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