Gucci: «Un patrimonio da valorizzare»

Venerdí 25 Luglio 2003
Le aziende leader Gucci - Domenico de Sole
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«Un patrimonio da valorizzare» |
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FIRENZE - «Brand manager». Si definisce così il presidente e amministratore delegato di Gucci, Domenico De Sole. «Il primo impegno - spiega - è stato fin dall'inizio quello di gestire il marchio, vero asset del gruppo». La scelta strategica ha pagato: dieci anni fa, l'azienda fiorentina era sull'orlo della bancarotta e passò di mano con una valutazione complessiva di 300 milioni di dollari; oggi la classifica di Interbrand indica in 5,1 miliardi di dollari il valore del solo marchio, e Ppr, principale azionista di Gucci (circa 65%), s'è impegnata a lanciare un'opa sul 100% del capitale nel marzo 2004 a un prezzo globale di 10 miliardi. Il successo del brand guidato da De Sole, l'anno scorso 1,5 miliardi di euro di ricavi sui 2,5 miliardi del gruppo, non è dunque casuale. Al contrario, è il risultato di una politica mirata, che nel tempo ha suggerito al responsabile della parte creativa, Tom Ford, a rifiutare ogni strada che potesse anche lontanamente indebolire la forza del marchio Gucci (come le seconde linee), e che ha portato a un consolidamento della parte distributiva, con il passaggio alla gestione diretta dei negozi. In piena crisi asiatica, nel 1997, De Sole non esitò a chiudere uno dei punti vendita più attivi di Hong Kong perché, dopo averlo visitato, non gli parve in linea con l'immagine della casa. «Lo studio dell'identità del marchio è alla base della strategia attuata da De Sole e Ford - spiegano a Firenze -. Gli elementi di riferimento irrinunciabili sono la qualità, il made in Italy, la modernità, il design, la sensualità». Questo spiega il legame di Gucci con il territorio («Il polo produttivo fiorentino è il nostro ancoraggio alla tradizione e alla qualità del prodotto»), e spiega anche la coerenza delle scelte stilistiche. Un percorso lineare che, come sottolineano alla Gucci, non viene contraddetto dall'espansione multimarchio del gruppo, dopo le acquisizioni dei vari Yves Saint Laurent, Bottega Veneta, Sergio Rossi. «Ciascun brand mantiene identità e immagine propri, cercando di potenziarli - aggiungono - le sinergie si realizzano invece sul fronte della produzione, della logistica, su quello gestionale-amministrativo». Economie di gruppo sì, ma non per quanto riguarda gli investimenti sui marchi. «Sono il patrimonio che gli azionisti ci chiedono di valorizzare», conclude De Sole.
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