Governo, fiducia sulla manovra Fini insorge, Pdl e Lega lo attaccano
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ROMA - Il governo mette la fiducia sulla Finanziaria, la numero 27 in diciannove mesi. Fini - che ha telefonato per la seconda volta a Berlusconi ribadendogli la sua contrarietà - deplora la decisione della maggioranza che definisce «deprecabile». Pdl e Lega si scagliano contro il presidente della Camera e co-fondatore del Pdl. Tremonti mette il timbro alla fiducia e si contrappone ancora una volta a Fini. L´opposizione insorge e sottolinea che la fiducia serve per coprire gli scontri nella maggioranza, «unico modo per tenerla insieme», commenta Franceschini, e «a colpi di fiducia la legislatura non regge» fa notare Bersani. Mentre pochi minuti prima dell´annuncio della fiducia il capogruppo del Pdl Cicchitto aveva accusato nell´aula della Camera il gruppo L´Espresso-la Repubblica di aver condotto una «campagna di odio che ha armato la mano dell´aggressore» che domenica ha colpito il premier. Il clima in aula era già tesissimo quando il ministro Elio Vito ha annunciato che oggi a mezzogiorno si voterà la fiducia. Un applauso ironico dell´opposizione (contrastato da quello di incoraggiamento della maggioranza) ha accompagnato la decisione. Ma Fini - che nelle scorse settimane aveva raccomandato di non ricorrere alla fiducia per consentire al Parlamento di discutere - è andato all´attacco in aula bocciando senza appello la fiducia: «La decisione di porre la fiducia sulla legge Finanziaria è deprecabile perché di fatto impedisce all´Aula di pronunciarsi sulla manovra». In effetti tecnicamente non ce n´era alcun bisogno perché «l´iter in commissione della finanziaria non ha registrato da parte dell´opposizione alcun atteggiamento ostruzionistico». Infatti erano pochissimi gli emendamenti da discutere e votare: 64 di cui 55 dell´opposizione, e «i tempi per l´esame del testo in aula sono contingentati, ed avrebbero consentito anche senza la fiducia di approvare il testo nei tempi previsti compatibilmente con il passaggio al Senato». Quindi la decisione è motivata soltanto da ragioni interne alla maggioranza. «Per la presidenza della Camera - ha puntualizzato infatti Fini - l´apposizione della fiducia, che è prerogativa legittima del governo in quanto prevista dalla Costituzione, non può essere in alcun modo considerata come una decisione tecnica, non essendo giustificabile con la necessità di superare ostacoli procedurali inesistenti da parte delle opposizioni». Apprezzato da D´Alema: «sulla fiducia ha parlato Fini», al presidente della Camera la prima bordata arriva dal ministro leghista Calderoli: «Dalla presidenza della Camera ci si attende l´applicazione ed il rispetto dei regolamenti e della Carta Costituzionale e non certo valutazioni sul fatto se sia deprecabile o meno una richiesta di fiducia, la cui valutazione di merito spetta all´esecutivo». Bocciato dalla Lega, Fini è messo sotto attacco anche dal Pdl. Bondi lo accusa di «rinfocolare le polemiche» con la sua dichiarazione. E il ministro del Welfare Sacconi in un certo senso dà corpo ai sospetti che la fiducia sia stata messa per coprire gli scontri nel governo: «Nelle condizioni date, mi sembra che non fosse possibile fare altrimenti». La spiegazione fornita da una nota congiunta dei capigruppo di Pdl e Lega, Cicchitto e Cota, dice sostanzialmente che la decisione di mettere la fiducia è «del tutto fisiologica e naturale» e che «il confronto di merito è avvenuto in commissione». La fiducia azzera non solo il confronto sugli emendamenti, ma anche le proteste più o meno esplicite dei ministri «di spesa». Ecco perché il ministro Tremonti, che spesso ha dovuto fronteggiare il malumore e gli attacchi dei suoi colleghi, ha detto di «riconoscersi pienamente ed esclusivamente nel testo della nota congiunta dei capigruppo di maggioranza