4/2/2003 ore: 12:09
Fondi pensione, anno zero
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PLUS Sabato 1 Febbraio 2003
Fondi pensione, anno zero Nel 2002 dell’Orso il Tfr ha reso più dei piani integrativi che hanno accusato perdite Ora la delega governativa può renderli renderli più attraenti Previdenza tra sfortuna e indifferenza di Marco Liera A quasi dieci anni dalla riforma della previdenza complementare, il sospetto fondato è che i fondi pensione siano ancora all’anno zero. Troppo lunga e contraddittoria è stata l’elaborazione normativa che ne ha accompagnato la nascita, segnale inequivocabile dell’indifferenza che domina a livello politico nei confronti di uno strumento che ha una rilevanza sociale critica. Quando poi i versamenti hanno cominciato faticosamente ad affluire, è arrivato uno dei più pesanti periodi Orso che la storia ricordi, che ha eroso i risparmi dei lavoratori nella fase iniziale dell’accumulazione. Nel 2002 in particolare, quasi tutti i fondi pensione che hanno affidato la gestione a intermediari professionali hanno registrato risultati negativi — compresi tra il -2 e il -6% per quanto riguarda le grandi casse — nonostante siano stati diversificati in modo prudenziale, con una bassa esposizione sui mercati azionari. Tutto sommato, dal punto di vista della qualità del servizio, non è andata neppure tanto male, perchè questi risultati sono stati sovente migliori delle variazioni negative dei parametri di riferimento (benchmark). Ma ai lavoratori questo importa relativamente. Assai più deludente per molti è constatare che nel 2002 il sicuro Tfr, che è il vero benchmark per le tasche degli occupati dipendenti, abbia reso il 3,5%. Le coincidenze sfortunate non finiscono qui: questi risultati negativi non solo sono maturati nella fase d’avvio dei fondi, quando era indispensabile dare fiducia a iscritti che spesso non avevano mai investito sui mercati finanziari, ma anche alla vigilia del dibattito parlamentare sul passaggio forzoso di tutto il Tfr maturando alla previdenza integrativa. Non sorprende quindi che questa proposta contenuta nella delega previdenziale in discussione alla Camera abbia trovato la coesa opposizione dei sindacati. D’altra parte, il clima non è dei migliori per accelerare sull’utilizzo del Tfr a fini pensionistici. Altri punti qualificanti della delega hanno più possibilità di trovare un sufficiente consenso: per cominciare, gli incentivi fiscali, per i quali tecnicamente esiste una copertura di bilancio, come riferito dal sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla. Ma anche le maggiori possibilità di osmosi tra fondi negoziali e aperti, allo scopo di rendere più efficiente il sistema previdenziale. Che di fondi pensioni attraenti e comprensibili ha un gran bisogno, come l’intero Paese. | |||||||||
Svantaggi / I vincoli contrattuali La compagnia non si cambia ma la rendita può diminuire Meglio sarebbe dare la facoltà di scelta all’erogazione
È quella che, fin dall’inizio, collega la fase di accumulo del piano al modo con il quale, al momento del pensionamento, verrà erogata la rendita previdenziale. Sia nel caso di un fondo contrattuale (laddove il ricorso ad un’assicurazione è facoltativo) che di un fondo aperto individuale o di una polizza assicurativa (Fip), viene immediatamente indicato il nome della compagnia che erogherà la rendita ed il suo prevedibile ammontare. Una simile indicazione può essere un riferimento utile all’investitore il quale fin da subito ha un ordine di grandezza sul futuro ammontare del vitalizio in rapporto ai contributi che si propone di versare. Ma il gioco non vale la candela. L’assicuratore chiamato a fornire il servizio di trasformare il capitale in rendita non assume infatti l’impegno di mantenere lo stesso fattore di conversione immodificato nel tempo. Troppo forte sarebbe infatti il rischio attuariale a carico della compagnia incapace di prevedere con così grande anticipo (an- che 30-40 anni) quale sarà la speranza di vita media quando il contribuente del fondo andrà in pensione. Ecco allora che tutte le imprese assicurative si riservano il diritto di modificare quel fattore di conversione del capitale in rendita in presenza di cambiamenti significativi delle tavole demografiche. Ma allora perchè scegliere fin da subito l’assicuratore chiamato a fornire il servizio? Molto meglio sarebbe consentire allo stesso contribuente di scegliere al momento del pensionamento quale intermediario assicurativo gli può offrire la rendita più elevata a parità di capitale versato. Probabilmente è il caso di intervenire con una modifica di legge. Sarebbe un modo per mettere in concorrenza gli intermediari e promuovere pertanto l’efficienza di un mercato che attualmente è praticamente inesistente ma che nel futuro è destinato a svilupparsi notevolmente. Proseguendo nel sistema attuale la rendita (questa volta di posizione) è destinata a rimanere soprattutto a carico delle compagnie. R.Sa. Alberto Brambilla (Ministero del lavoro) «Disponibili per il rilancio 5 miliardi €» «Vogliamo "mettere il turbo" alla previdenza complementare, nell’interesse dei lavoratori e del mercato dei capitali. Sui modi per farlo, facciamo la nostra proposta, disposti a confrontarla con altre nel corso del dibattito parlamentare. Ma deve essere ben chiaro che l’obiettivo è quello che ho enunciato». Così il sottosegretario al Lavoro Alberto Brambilla sintetizza la missione della parte della delega previdenziale che riguarda le pensioni complementari, che nei prossimi giorni approderà in aula alla Camera. Dottor Brambilla, uno dei tre «no» dei sindacati alla delega previdenziale riguarda proprio la previdenza integrativa, e in particolare l’obbligo di far confluire tutto il Tfr maturando dei lavoratori ai fondi pensione in modo coercitivo. Lei capirà che molti lavoratori non vogliono rinunciare alla sicurezza del loro Tfr, tenendo conto dei recenti risultati negativi dei fondi... Ne sono consapevole. Per altro, la nostra proposta è aperta alle eccezioni rispetto a questo passaggio obbligatorio, che sono da mettere in relazione all’anzianità, all’età e ad altre situazioni particolari. Quindi non tutti i lavoratori dipendenti nel vostro disegno saranno obbligati a questo passaggio? È così. In ogni caso, l’obbligo di trasferimento totale riguarderebbe anche i lavoratori già iscritti ai fondi pensione, i quali contribuiscono — se non si tratta di nuovi assunti — solo con una quota del Tfr stesso? Esattamente. Come si realizzerà l’attesaequiparazione tra fondi pensione negoziali e aperti? In realtà, su questo aspetto puntiamo a dare un’interpretazione meno restrittiva della legge esistente, non a modificarla nella sostanza. In via prioritaria, il Tfr del lavoratore verrà dirottato sul fondo negoziale previsto dalla sua azienda o alla sua categoria, ma all’iscritto viene data la facoltà di dirottare lo stesso Tfr e tutto il montante maturato — comprensivo della quota versata dal datore di lavoro — ai fondi pensione aperti. Nella vostra proposta, quindi, se il lavoratore non dice nulla, vedrà dirottato tutto il suo Tfr maturando al proprio fondo pensione negoziale, ma non verserà il contributo a suo carico e quindi non potrà neppure contare sulla contribuzione datoriale? Sì: il lavoratore che non manifesterà alcuna volontà accumulerà una posizione previdenziale alimentandola con il solo Tfr. E i lavoratori dipendenti che hanno il Tfr ma non hanno un fondo pensione di riferimento? Per questi lavoratori, in assenza di indicazioni per un fondo pensione aperto, il Tfr maturando confluirà in un fondo pensione residuale istituito presso l’Inps. Prevedete un ruolo anche per le casse privatizzate? Sì: la delega prevede esplicitamente che tutti gli enti del primo pilastro costituiscano forme di previdenza integrativa sia direttamente che d’accordo con le associazioni di categoria. I fondi pensione aperti diventeranno più importanti? Sì, e per questo nella delega è previsto un rafforzamento dell’indipendenza e della professionalità delle persone che li amministrano. La delega prevede anche incentivi fiscali. Quali? Una possibilità è quella di togliere il limite percentuale di deducibilità e di lasciare solo quello in valore assoluto. In questo modo, intendiamo anche incentivare l’emersione di reddito imponibile. E la copertura necessaria? La mia opinione di tecnico è che si potrebbero utilizzare gli stanziamenti di bilancio a favore della previdenza complementare effettuati negli anni passati, che sono maturati per effetto dei minori afflussi verso i fondi pensione rispetto alle previsioni. Si tratta di circa 10mila miliardi di vecchie lire (5,164 miliardi di euro). Poi un’opzione è quella di portare intorno al 6% l’aliquota sui rendimenti (dall’attuale 11%). Un’altra possibilità è quella di ridurre la tassazione delle prestazioni sia in capitale che in rendita, magari premiando la permenenza nel fondo. Non ha detto nulla sui Fip. Sono molto contento che le compagnie spingano i Fip. Ma i caricamenti applicati da certe imprese non mi sembrano etici, alla luce del fatto che stiamo parlando della previdenza dei lavoratori. Le compagnie devono capire che è nel loro interesse che la previdenza complementare si sviluppi a favore dei lavoratori. M.Lie. INSIDER III trim. 2002 II trim.2002 I trim. 2002 IV trim. 2001 |