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Foggia. Licenziata per essersi rifiutata di testimoniare contro un collega

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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO




15 ottobre 2002
CRONACA di FOGGIA
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Licenziata per essersi rifiutata di testimoniare in una causa di lavoro contro un collega

Licenziata per essersi rifiutata di testimoniare in una causa di lavoro contro un collega che era stato licenziato prima di lei: una giovane donna di Foggia ha fatto causa alla sua datrice di lavoro per ottenere le differenze retributive che in quattro anni di lavoro si erano accumulate tra quanto effettivamente aveva percepito e quello che risultava sulla busta paga.
Il giudice le ha dato ragione ma quando l'ufficiale giudiziario ha tentato di notificare l' ingiunzione al pagamento, si è accorto che la titolare del negozio aveva cambiato ragione sociale, e perciò tutta la procedura andava rifatta.
La denuncia è della Filcams-Cgil di Foggia: è la storia di Paola, di 36 anni, per quattro anni commessa in un negozio di camicie in franchising. «La proprietaria del negozio - racconta Paola - mi aveva chiesto di testimoniare in suo favore contro un mio collega che era stato licenziato e che aveva chiesto le differenze retributive tra il vero stipendio e quanto risultava in busta paga. Quando mi sono accorta che avrei dovuto raccontare delle circostanze false mi sono rifiutata e, dopo poche settimane, sono stata licenziata senza alcun motivo».
Dopo il licenziamento, la donna si è rivolta all'ufficio legale della Cgil di Foggia per chiedere anche lei, come il collega, le differenze fra la retribuzione percepita e quella effettivamente dovuta.
Mentre era in corso questa procedura Paola ha anche chiesto al consulente del lavoro della titolare del negozio il pagamento dell'ultima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Dai conteggi, però, si è accorta che le spettanze erano state calcolate in base al denaro realmente percepito, nettamente inferiore a quello della busta paga che nel corso degli anni aveva sempre firmato per timore di perdere il lavoro. La ex commessa si è quindi rivolta al magistrato per ottenere per intero quanto le spettava.
«Alla prima udienza - racconta ancora Paola - l'avvocato della titolare mi ha riproposto di firmare una falsa dichiarazione contro il mio ex collega di lavoro e in cambio mi avrebbe pagato, in tempi rapidissimi, l'effettiva somma del trattamento di fine rapporto e dell'ultima mensilità».
«Ho nuovamente rifiutato - aggiunge - ed ho atteso che si concludesse la causa».
Purtroppo, però, al momento della notifica dell'atto ingiuntivo alla titolare del negozio l'ufficiale giudiziario si è accorto che era cambiata la ragione sociale: quindi Paola dovrà ancora attendere per incassare il denaro che le spetta.
Casi come quello di Paola, secondo Salvatore Castrignano, segretario provinciale della Filcams-Cgil, l'organizzazione sindacale che si occupa dei dipendenti del commercio, vengono segnalati quotidianamente. «Nel settore del commercio la situazione è disastrosa perchè - afferma - ci sono commesse che guadagnano poche centinaia di euro e che sono costrette a lavorare dalle dieci alle dodici ore al giorno; è ormai una situazione intollerabile e, da mesi ormai, stiamo sollecitando gli ispettori dell'ufficio del lavoro, l'Inps e l'Inail ad intensificare i controlli».

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