Flessibile per scelta, l’atipico non è più un lavoro di serie B
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 Flessibile per scelta, l’atipico non è più un lavoro di serie B Palmieri
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MILANO. Magari c’è un problema di riconoscimento sociale e di essere ancora percepiti come lavoratori di serie B, ma il mondo dei nuovi impieghi (dall’interinale all’atipico) si configura sempre di più come la frontiera del futuro. In questo universo eterogeneo e complesso, con forti differenziazioni in fatto di condizioni, percorsi lavorativi e aspettative, prevale però un carattere comune: siamo di fronte a un processo di individualizzazione delle esperienze lavorative. È questa la fotografia che si ricava dall’indagine «Lavoratori interinali e collaboratori coordinati e continuativi» realizzata dall’Università Cattolica di Milano per l’Alai-Cisl della Lombardia. L’approfondimento, che sarà presentato oggi, riguarda il mercato del lavoro della Lombardia e rappresenta un primo test che sarà poi allargato ad altre aree d’Italia. La scelta dell’atipico si configura sempre di più come dettata da motivi professionali o di vita (soprattutto tra gli over 35) piuttosto che dalle necessità: oltre il 50% degli intervistati, infatti, rientra nel primo caso contro il 39% del secondo. Quindi — secondo i curatori del sondaggio — spesso il lavoro atipico non è imposto dalle condizioni di mercato «ma è parte di strategie e piani individuali». Un tipo di flessibilità scelta che si scontra ancora con un problema di identità sociale: il 56,9% ritiene che ci sia una percezione negativa di questa forma d’impiego. La ricerca della Cisl conferma, nei fatti, una recente indagine Ires-Cgil (si veda «Il Sole-24 Ore» del 26 aprile) che arrivava alla stessa conclusione: le nuove tecnologie scardinano orari, mansioni e salario. Prevale una maggior autonomia e il lavoro diventa più "individuale". Mercoledì 23 Maggio 2001
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