Fiom: «L’Enel non si tiri fuori dall’incidente di Civitavecchia»
Contenuti associati
I controlli alla centrale Enel di Civitavecchia sono iniziati ieri e continueranno anche dopo la ripresa delle attività, probabilmente lunedì prossimo. Intanto gli inquirenti hanno chiesto al medico legale di accertare se Sergio Capitani, l’operaio di 34 anni morto sabato scorso, potesse essere salvato. Una domanda che pesa, ma che si impone. Pare infatti che Capitani dopo l’infortunio sia rimasto per mezz’ora su un ponteggio stretto e di difficile accesso ai mezzi di soccorso. Se confermato, sarebbe estremamente grave. Ma Enel replica seccamente: «I soccorsi sono stati estremamente tempestivi». Viene spiegato che il medico era sul posto tre minuti dopo essere stato allertato. Erano le 11.53; alle 12.20 il lavoratore veniva portato in ambulanza verso l’elicottero che lo avrebbe portato in ospedale. L’inchiesta farà luce. Gli indagati intanto sono saliti a 11, c’è anche il caposquadra del lavoratore deceduto.
IL LAVORO SCOMPOSTO
L’infortunio, il terzo mortale in tre anni,ha riacceso i riflettori sulla pratica, forse abusata, di appalti e subappalti. La Fiom chiede di «risalire la catena degli appalti ed evitare che venga usata per uno scarico di responsabilità». Sono forti i timori di un rimpallo, del tirarsi fuori dell’azienda- madre, l’Enel, in questo caso. «Le responsabilità -per il leader dei metalmeccanici, Gianni Rinaldini - stanno all’inizio del processo». Un processo di «scomposizione», a questo servono gli appalti, a frazionare il lavoro pezzo dopo pezzo «con l’unico obiettivo di ridurre i costi ». Rinaldini parla di «omicidi sul lavoro ».
Alla centrale Enel di Civitavecchia gli appalti sono la norma, su circa 1500 lavoratori solo 350 fanno capo direttamente all’azienda elettrica, gli altri sono alle dipendenze delle aziende appaltatrici e subappaltatrici, a volte decisamente micro. È una geografia complessa quella dell’impianto di Torrevaldaliga Nord: dove Enel è una e bina, divisa in Enel Produzione ed Enel Cantiere. Intorno la galassia degli appalti per le pulizie, le costruzioni, la manutenzione. Man mano che ci si allontana dal centro, si perdono diritti e tutele «si arriva a forme di caporalato », «si respira un clima di intimidazione paramafioso», afferma il responsabile per la salute e sicurezza Fiom, Giorgio Cremaschi. Un clima raccontato in un esposto presentato nel 2007 alla procura di Civitavecchia: le indagini si arenarono perché non si trova un lavoratore disposto a raccontare. «Spesso si tratta di lavoratori stranieri, a volte non sappiamo neanche che contratto abbiano se il nostro o quello di un paese di origine, rumeno,per esempio, con un’integrazione sottobanco. Siamo venuti a conoscenza che tanti prendono la paga globale», racconta la segretaria Fiom di Civitavecchia, Elsa Bertero. LA PAGA GLOBALE
Paga globale. In pratica il lavoratore ha una busta paga ineccepibile, c’è l’assicurazione Inail, i contributi Inps. Peccato che l’accordo fatto con l’azienda, magari per 8-9 euro all’ora, sia «onnicomprensivo», comprenda cioè Tfr, ferie, tredicesima, festivi. Tutto insomma, globale significa questo. Capita anche che nelle buste paga ci sia scritto un orario canonico, ad esempio 160 ore mensili, e poi se ne facciano 220, 230. «Tutto questo è nemico della sicurezza. Dopo l’esposto, le forze dell’ordine ci hanno chiesto di trovare un testimone diretto che raccontasse. Lo abbiamo cercato per mesi, ma non c’è stato verso, corrono troppi rischi, non se la sentono». Dalla conferenza stampa dei metalmeccanici Cgil emerge una moderna realtà di sfruttamento che, ovviamente non fa capo all’Enel, ma avviene in casa sua: «È impossibile che sia all’oscuro di tutto», è la denuncia. C’è poi un altro elemento: all’interno della centrale, l’Enel è presente con le due strutture «che gestiscono le norme di sicurezza in modo autonomo e distinto l’una dall’altra. «Enel Produzione appare davvero una zona franca rispetto all’applicazione del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro - afferma Cremaschi - in quanto non accetta il confronto con i rappresentanti della sicurezza delle aziende metal meccaniche in subappalto». Di qui l’accusa di «tirarsi fuori». Quanto alle imprese in subappalto, «in gran parte di esse non esistono i rappresentanti per la sicurezza» e guai ad iscriversi al sindacato «si rischia il licenziamento». Al processo, la Fiom si costituirà parte civile e chiede al ministero del Lavoro un’ispezione a tappeto in tutte le imprese in subappalto.