Fiat Pomigliano, Epifani scommette sul sì
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TORINO - «A occhio e croce credo che andranno a votare e a occhio e croce credo che diranno sì». E´ questa la previsione di Guglielmo Epifani, per il quale «è importante che i lavoratori siano coinvolti e partecipino al referendum di martedì sul tormentato accordo dal quale sembra dipendere il futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano d´Arco. Ma se è molto probabile che il segretario generale della Cgil abbia letto bene ciò che accadrà tra sei giorni è certo che la vertenza è destinata a creare profonde spaccature all´interno del sindacato e nella sinistra.
Il giorno dopo l´accordo separato è questo lo scenario aperto dal caso Pomigliano. Mentre il Lingotto tace e aspetta l´esito di un referendum che, se non si concluderà con una schiacciante maggioranza di voti favorevoli, aprirà un contenzioso di lunga durata. Al quale la Fiat ha cominciato a prepararsi anche se confida nel fatto che prima dell´entrata in vigore dell´accordo passerà un anno e mezzo cioè il tempo necessario per attrezzare gli impianti per la produzione della Panda: diciotto mesi - è questa la speranza della Fiat - durante i quali sarà possibile trovare un chiarimento sulle parti che sono state la causa della rottura del fronte sindacale.
Al momento però si devono fare i conti con il no della Fiom che, Emma Marcegaglia, ha definito «incredibile» a fronte di «un´azienda che va contro la storia, riporta produzioni dalla Polonia in Italia, investe 700 milioni di euro». Un investimento che il ministro Sacconi non vede a rischio, confidando nel fatto che «i lavoratori hanno ben capito, sono persone che non potranno valutare la concretezza di questa convenienza». Ma la Fiom insiste: «È un ricatto - dice a Repubblica.tv il segretario Maurizio Landini - per noi il referendum è contro la Costituzione». La Cgil della Campania, invece, si impegna a votare sì «per mantenere aperto un dialogo unitario, far sì che l´investimento si realizzi, per continuare a lavorare» in modo da correggere gli aspetti considerati negativi.
Due posizioni all´interno dello stesso sindacato speculari della frattura esistente all´interno dello schieramento di sinistra. Nel quale Bersani sostiene che «nessuno, nemmeno la Fiat o Sacconi può pensare che un diritto costituzionale sia aggirabile da un accordo», Niki Vendola dichiara che «il contratto nazionale di lavoro muore a Pomigliano d´Arco» da dove arriva la risposta ai dubbi sul perché la Confindustria «accetti quello che è inaccettabile nella Finanziaria», Di Pietro definisce l´accordo «una sconfitta per l´azienda e per il governo». E mentre Fausto Bertinotti si domanda dove sia finita la sinistra, il sindaco di Torino Chiamparino afferma, anche lui a Repubblica.tv, che a Pomigliano «si è perduta l´occasione di ridisegnare le relazioni industriali». Intanto a Mirafiori raccolgono le firme contro l´accordo separato, a Melfi si coglie la preoccupazione per un peggioramento delle condizioni di lavoro accompagnata dalla consapevolezza che «è importante salvare l´occupazione» e a Termini Imerese pensano solo che a fine 2011 la fabbrica chiude.