17/5/2006 ore: 10:58

Feltrinelli: il prezzo della cultura lo pagano gli atipici

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    mercoled? 17 maggio 2006

    Pagina8 - Lavoro/Economia

    Feltrinelli, il prezzo della cultura lo pagano gli atipici
      I salari non superano i mille euro al mese, i librai sono costretti a fare da commessi e magazzinieri. Il tutto per uno stage o un contratto a termine

      Claudia Russo

      L’avevano annunciato e hanno mantenuto la parola. La staffetta anti-precariet? ricomincia. E la rabbia cresce. Tra il 15 ed il 22 aprile scorso, per la prima volta nella storia della catena di librerie e punti vendita che si rif? al marchio della casa editrice fondata nel 1954 da Giangiacomo Feltrinelli (e che comprende anche i megastore Ricordi), si ? articolato a scacchiera un giro di massicci scioperi in molte citt? italiane: Milano, Roma, Napoli, Bari, Torino, Firenze, Bologna, Modena, Cremona, Padova, Piacenza, Parma, Ravenna, Pescara, Brescia, Ancona, Genova …

      L’urgenza che ha spinto sindacalisti e lavoratori di diversi livelli a infrangere il tab? e indire il primo sciopero della Feltrinelli-story, si articola in diversi punti e sarebbe riduttivo farlo coincidere esclusivamente con il rinnovo di un contratto che si aspetta da oltre un anno.
        Primo problema ? la mancanza di personale che costringe i librai, gi? diventati commessi, a trasformarsi all’occasione in veri e propri magazzinieri tuttofare. Quando pochi anni fa ? stato aperto il ricchissimo punto vendita di Largo Argentina a Roma i dipendenti appena assunti (dopo almeno tre colloqui diversi) si sono trovati a dover allestire l’intero megastore trasportando e scaricando loro stessi libri, dvd, cd e quant’altro prima di poter cominciare a svolgere l’attivit? per la quale erano stati assunti (a tempo determinato, ovvio).
          A questo si aggiunge il dramma del salario “da fame” che non supera i 1000 euro al mese per chi ricopre il ruolo di responsabile di reparto ed ? assunto full-time con regolare contratto (testimonianza raccolta a Milano), turni di lavoro decisi all’ultimo momento in pieno stile precario (15 giorni di anticipo, e si lavora anche la domenica) e un clima pesante e intollerante. ?Mi sentivo completamente annullata, svuotata di qualsiasi spirito di iniziativa. Controllata dall’alto da un ignoto mister X che a noi ultimi arrivati non era dato di conoscere? dice la ventiseienne di Milano che ha lavorato come stagista per 5 mesi e poi si ? sentita dire che non c’era posto per lei nell’azienda.
            ?Ci trattano come dipendenti di un supermercato. Carlo Feltrinelli e sua madre Inge si occupano della casa editrice e non della rete vendita. Sono un po’ troppo assenti? si legge nel blog (www. effelunga. blogspot. com) vero strumento di lotta politica new stile creato dai dipendenti di quella che fu Feltrinelli e ora non ? altro che Effelunga.
              Tantissimi i contributi e le testimonianze provenienti da tutta Italia. Ci sono i protagonisti e gli organizzatori degli scioperi, ci sono i crumiri, ci sono anche i clienti tra coloro che scrivono sul blog. Non mancano polemiche e opinioni contrastanti sulla sospetta sovrapposizione dello sciopero di gioved? 11 maggio organizzato davanti al Megastore di piazza Piemonte a Milano alla presentazione-evento dell’ultimo libro sul precariato di Aldo Nove. Ogni volta che il megafono attaccava con gli slogan di protesta lo scrittore si fermava e viceversa in un duetto usato come “sponda mediatica” di una protesta assolutamente legittima cui il libro “Mi chiamo Roberta. Ho 40 anni. Guadagno 250 euro al mese” pu? fare da utile spalla.
                Ma come si ? arrivati a tanto malcontento? La lenta ma inesorabile trasformazione della Feltrinelli in Effelunga, spiegano gli scioperanti, inizia verso la fine dei Novanta quando a ricoprire le cariche pi? importanti della direzione vengono assunti una serie di manager provenienti dalle catene della grande distribuzione, anche alimentare, come Esselunga e Decathlon: ?La Feltrinelli frutta e verdura, la precariet? non fa cultura!? recita il corteo. Se nel 2001, gi? esasperati dalle condizioni di lavoro, i dipendenti non avevamo firmato il contratto proposto dall’azienda, oggi hanno deciso di fare di pi?: hanno deciso di scendere in piazza e di parlare. E’ stata chiaramente denunciata una disparit? di trattamento tra chi ? stato assunto prima del 2001 e chi dopo. Gli appartenenti al primo gruppo hanno la quindicesima e i buoni sconto sui libri fino al 70%, per gli altri la percentuale ? di gran lunga inferiore e di quindicesima non si parla. Questa mobilitazione, concepita secondo i principi della continuit? nel tempo come arma di lotta, sta facendo tanto e tanto ancora far? con il prossimo giro di scioperi.
                  Lo sforzo allora sar? quello di pensarla e di pensarci, noi lavoratori e lavoratrici di tutte le et? e provenienza, in un’ottica pi? ampia. Distaccandoci dalla rabbia di laureati che hanno sostenuto tre rigidi colloqui consecutivi per un contratto flessibile, pensiamo a quanta rabbia ancora servir? per incidere su un sistema talmente radicato nelle nostre coscienza da sfuggire ai pi?. Chi di noi non ? stato almeno una volta un cliente Feltrinelli? Chi di noi non ha la Carta Pi?, dal nome cos? allettante e in linea con i nostri rapaci principi di accumulo delle propriet??

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