15/10/2001 ore: 9:24

Federalismo, il tavolo zoppo di Maroni

Contenuti associati

Il Sole 24 ORE.com




    Mercato del lavoro/2 - Le divergenze tra le Regioni e la devolution di Bossi rendono difficile la stesura di una normativa-quadro

    Federalismo, il tavolo zoppo di Maroni
    Emanuele Scarci
    Il 7 ottobre l'Italia ha detto sì al federalismo, ma le divergenze tra le Regioni e la devolution di Bossi rischiano di soffocarlo nella culla. O di sprofondare il Paese in una babele di norme del lavoro. Il tavolo delle Regioni voluto dal ministro del Welfare Roberto Maroni intende definire delle regole comuni per evitare che la potestà legislativa "concorrente" concessa ai governi regionali trasformi la normativa italiana sulla tutela e la sicurezza del lavoro in un abito di Arlecchino. Il tavolo romano però traballava prima ancora che gli ospiti si sedessero: Umberto Bossi infatti non vorrebbe approvare le leggi di attuazione della riforma e, comunque, è sicuro che il "pacchetto devolution" sostituirà lo "pseudo-federalismo" del Centro-sinistra. Come dire: è inutile andare avanti che tanto cambiamo tutto. Al tavolo di Maroni, tutti i Governatori sono gratificati del metodo concertativo del ministro, ma, sotto sotto, nessuna Regione di Centro-sinistra (sono 6 a statuto ordinario) è disposta a recepire passivamente gli strumenti da "liberismo selvaggio" del Libro bianco. Anche se l'Emilia Romagna sembra la più pragmatica. Sul fronte opposto, gli assessori del Polo sostengono il Libro bianco e anzi invocano (con accenti diversi) una riforma che decentri interamente la legislazione del lavoro. Molti temono che il referendum (in particolare l'articolo 117) abbia acceso la miccia che farà esplodere i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. «La legge non definisce gli ambiti di competenza - avvisa Adriana Buffardi, assessore al Lavoro della Campania (Centro-sinistra ) - e pertanto le Regioni non dovranno chiedere nessun permesso al Governo. Ciò detto apprezzo il metodo di Maroni di aprire un tavolo permanente di confronto: non ci ha chiesto un sì o un no al Libro bianco, ma una verifica di merito». Sui temi specifici l'agguerrito assessore campano dimostra di avere idee precise: «I nuovi strumenti contrattuali - dice Buffardi - mi sembrano superflui perchè la disoccupazione non è l'effetto di rigidità normative. Inoltre il collocamento privato non mi pare abbia dato buona prova di sè. In Campania stiamo riposizionando il collocamento, anche attraverso l'informatizzazione: vedrete che sarà una rivoluzione». Mariangela Bastico, assessore emiliana del Centro-sinistra, premette che al tavolo del ministro «non è passato l'anno di moratoria del federalismo, ma siamo d'accordo nel definire un percorso concordato. L'agenda è ancora tutta da scorrere, ma è chiaro che non accettiamo il collocamento privato (che verrà inserito nel collegato alla Finanziaria) e l'eliminazione della concertazione con le parti sociali». Sulla flessibilità Bastico precisa «che in Emilia Romagna ce n'è già tanta: il 75% degli assunti ha in tasca un contratto atipico. Il tema nuovo è come stabilizzare questi contratti: tenteremo di renderne definitivi la metà entro il primo anno e il 93% nel triennio». Per Raffaele Grazia, assessore veneto del Polo, «affidare alle istituzioni locali pezzetti di deleghe è un errore enorme che produrrà conflitti di attribuzione, com'è successo con la legge Bassanini». Nel merito del Libro bianco, Grazia ritiene dannoso l'articolo 18 della Statuto dei lavoratori, quello sui licenziamenti. «In Italia ci sono 21 mercati del lavoro e pretendere di governarli con una legge unica è un errore». Mentre sull'arbitrato Grazia sostiene che la norma è fragile: «chi sceglierà l'arbitro: l'imprenditore o chi dice di rappresentare il lavoratore?». Per Gilberto Pichetto, assessore piemontese della Cdl, «le proposte di Maroni vanno nella direzione giusta: il mercato per funzionare ha bisogno di meno vincoli, in entrata e in uscita. Il Libro bianco moltiplica i contratti ma basterebbe snellire le procedure di assunzione». Pichetto sostiene inoltre che «se anche Bossi darà alle Regioni la legislazione esclusiva sono convinto che dovremo costruire un mercato del lavoro nazionale, senza differenze che agiscano da freno». Sulla stessa lunghezza d'onda è Alberto Guglielmo, assessore lombardo del Polo, che pronostica anche una riforma a livello centrale dell'articolo 18. «Sul tavolo romano - sostiene inoltre Guglielmo - aleggia una moratoria annuale della potestà legislativa regionale». Per consentire a Bossi di far approvare il "pacchetto-devolution"? «La devolution va fatta - replica Guglielmo - ma su un periodo lungo».
    Lunedí 15 Ottobre 2001
 

|
 
Tutti i diritti riservati © 24 ORE NetWeb S.p.A.
   

Close menu