Farmacie: Privatizzazioni nel mirino
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 Privatizzazioni nel mirino Assofarm e Federfarma: le farmacie comunali cedute ai big rischiano di essere snaturate
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Oltre 16mila farmacie diffuse su tutto il territorio nazionale, in maniera più o meno omogenea. Se, infatti, le 15.324 private risultano equamente suddivise tra Nord, Centro e Sud, il discorso cambia per quelle comunali: il 94% delle farmacie pubbliche è concentrato nel Settentrione e al Centro, a causa della lentezza amministrativa che frena la diffusione nel Mezzogiorno. È questo il quadro della rete delle farmacie in Italia. Un sistema che, negli ultimi tempi, è stato caratterizzato dal fenomeno dell'acquisizione delle municipalizzate da parte di grandi multinazionali. Come la tedesca Gehe, che ha rilevato l'80% del capitale delle farmacie di Bologna, Milano, Cremona e il 75% di quelle di Prato. Oppure Alliance Unichem, che ha fatto shopping a Lucca, Cesena e Rimini, e Codifarma, che controlla il 49% delle farmacie pubbliche di Grosseto. L'italiana Comifar si è aggiudicata la gara di privatizzazione delle 21 farmacie comunali di Firenze. Il capoluogo toscano è stato da sempre il principale obiettivo di Comifar, come fanno sapere dall'azienda, per la posizione geografica strategica per la distribuzione e perché i suoi 21 punti vendita assicurano la dimensione giusta per monitorare le attività e i vantaggi delle farmacie gestite in catena. Secondo Comifar, il commercio associato consente un'interessante massa critica del giro d'affari, un maggiore potere contrattuale nei confronti dei fornitori e più bassi costi di gestione. E ancora, la ripartizione del rischio, l'aumento della capacità d'investimento e di sviluppo delle abilità manageriali, il controllo del mercato e la riduzione delle barriere per i finanziamenti degli investimenti. Vantaggi a parte, le privatizzazioni nascondono anche qualche rischio, secondo Assofarm (l'associazione delle aziende che gestiscono il servizio farmaceutico comunale) e Federfarma (la Federazione nazionale delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale). «Questo processo - afferma Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm - sta progredendo a un ritmo che va oltre ogni previsione. I sindaci, viste anche le sempre minori risorse trasferite ai Comuni, sono spinti a ricercare entrate nuove e immediate». Assofarm non si dichiara contraria al processo di modernizzazione delle aziende, ma sottolinea l'alto valore aggiunto dei servizi offerti dalle farmacie comunali rispetto a quelle private in termini di attività sociali, come l'accoglienza e la solidarietà verso le fasce più deboli. «Inoltre le comunali - continua Gizzi - garantiscono la loro presenza su tutto il territorio, anche dove mancano le private. È altrettanto vero che tutto ciò deve essere conseguito con un'elevata redditività del servizio ed efficienza». Un altro rischio della privatizzazione è che la farmacia si trasformi in una specie di supermercato. «L'interesse di una multinazionale che - spiega Giorgio Siri, presidente di Federfarma - investe per l'acquisto di una serie di punti vendita è di aumentare i consumi e tagliare i costi. In questo modo le farmacie si trasformeranno in negozi a fini commerciali, come le catene farmaceutiche della Gran Bretagna, perdendo tutte le caratteristiche di professionalità e qualità del servizio legate anche al contatto diretto con il cliente. Per questo motivo ci battiamo affinché le municipalizzate restino comunque sotto il controllo principale del Comune, anche se cedono parte delle quote ai privati». Lunedí 17 Dicembre 2001
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