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sabato 7 gennaio 2006
Pagina 7 - Primo Piano
POLITICA E AFFARI - GIUSTA LA SEPARAZIONE TRA LE DUE SFERE, ANCHE SE FINORA NON E’ EMERSO ALCUN PROFILO PENALE RILEVANTE
Ma è la sinistra ad aver dimenticato il conflitto di interessi
Non è possibile demonizzare il finanziamento dei privati ai partiti
Carlo Federico Grosso
L’ULTIMO scandalo finanziario italiano sta rivelando intrecci sempre più complessi. Il punto cruciale riguarda, in questi giorni, il rapporto tra finanza e politica, ormai sotto il tiro incrociato dei media, che hanno ripreso a pubblicare stralci di intercettazioni sicuramente imbarazzanti per chi ha subìto l’intrusione telefonica.
Fino ad ora ci si era preoccupati soprattutto della finanza rampante: dei tentativi di scalate parallele, della opacità dei loro rapporti, della segretezza dei patti stipulati, delle peculiari relazioni fra banchieri ed alcuni operatori economici, delle aspirazioni di taluni di essi ad entrare nei salotti buoni dell’economia imponendo la legge dei denari facili. Aveva colpito, per altro verso, la ripetuta violazione delle leggi penali previste a tutela della economia e del mercato, il mancato funzionamento dei meccanismi di controllo, la disinvoltura con la quale taluno degli scalatori si era procurato, o aveva procurato agli amici, rapidi, ingenti, profitti personali.
Ora sembra che ci si debba preoccupare anche dei rapporti intercorsi fra taluni scalatori e taluni politici. Rapporti che hanno scatenato polemiche aspre e velenose fra i partiti, e all’interno degli stessi. In questa situazione di scarso governo delle parole, e di grande confusione, mi sembra utile cercare di fare chiarezza quantomeno su taluni profili di mia specifica competenza.
Mi sembra innanzitutto pacifico che, stando a quanto è emerso fino ad ora dalle intercettazioni, al momento non sono configurabili coinvolgimenti penali di nessuno dei politici dei quali si parla. Non costituisce infatti reato né chiedere ad un operatore economico di area notizie su di una scalata bancaria, né manifestare soddisfazione per la riuscita della operazione.
In assenza di prove su accordi preventivi tra uomini d’affari e soggetti politici per spartirsi profitti illeciti, su intermediazioni fra banche d’affari ed operazioni finanziate dalle stesse, su contributi specifici, o partecipazioni, alla realizzazione della singola operazione di aggiotaggio, di insider trading, di ostacolo alle funzioni di controllo, di truffa, o di quant’altro ancora, nessuno potrà permettersi di presumere intrecci illeciti fra politici ed operatori economici e su tale base demonizzare l'avversario. Chi lo facesse diffamerebbe, e realizzerebbe pertanto lui stesso un reato.
In questa prospettiva mi è sembrato inaccettabile che vi sia stato chi, sulla base di mere supposizioni prive di riscontro, abbia sostenuto che le speculazioni illecite di carattere personale contestate all’ex Presidente di Unipol fossero in realtà finanziamenti politici realizzati per interposta persona. E mi sembra oggi altrettanto grave che l’interesse politico prestato dal principale degli intercettati ad una scalata che avrebbe dato corpo ad un nuovo rilevante polo bancario amico, possa essere contrabbandata per commistione tra affari e politica al limite della reità, prospettando parallelismi irriverenti con commistioni di diversa natura effettivamente realizzate da soggetti di altra parte politica.
Ciò non significa che reati non possano emergere in futuro. Se dovesse avvenire, come non si può ovviamente escludere, la magistratura dovrebbe essere inflessibile nel perseguire gli illeciti accertati. E’ dell’altro giorno la notizia che nei confronti alcuni parlamentari che erano già saliti alle onore della cronaca, la Procura di Milano avrebbe disposto accertamenti bancari all’estero.
Al di là del profilo penale, si pone, tuttavia, un evidente problema di etica nella politica. Di questo aspetto è bene discutere, e ciascuno può esprimere la sua opinione. Mi ha colpito tuttavia il tono profetico di certe dichiarazioni, o l’inorridita, forse interessata, reazione di qualche avversario politico esterno o interno.
Anche a questo riguardo occorre essere onesti fino in fondo. La separazione netta tra finanza e politica deve costituire, per tutti, regola assoluta di comportamento, per cui se qualche commistione o vischiosità si fosse verificata, occorrerebbe raddrizzare immediatamente la barra. Nella individuazione dei confini dell’etica nella politica occorre peraltro essere anche realisti. Esiste un problema di finanziamento dei partiti, e non può essere automaticamente demonizzato il finanziamento privato, che, se trasparente e rispettoso della legge, è del tutto legittimo.
Il nodo della questione morale è un altro: stante la doverosa separazione fra attività del politico e attività dell’operatore economico, occorre che il primo non si intrometta, mai, sotto nessun profilo, negli affari del secondo. Ma in questa prospettiva occorre valutare ogni altro problema esistente nel Paese, in primo luogo le situazioni di conflitto di interesse che affliggono ancora i rapporti tra affari e politica.
Se mai una colpa può essere ascritta fin da ora ai politici al centro della polemica di questi giorni, essa consiste nel non avere risolto in tempo quest’ultimo problema.
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