25/7/2007 ore: 10:44
Draghi: riforme graduali, ne vedremo la fine?
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Pagina 6 - Primo Piano PREVIDENZA LA RIFORMA riforme graduali, ne vedremo la fine? Stefania Tamburello Mario Draghi si concede una battuta per rimarcare la cautela con cui secondo lui sta procedendo la riforma delle pensioni. Il Governatore della Banca d'Italia si guarda bene dal dare un giudizio sull'accordo governo- sindacati, dribbla sui riferimenti troppo precisi, ma non si ritrae nel confermare l'opportunità di completare il passaggio dal meccanismo a ripartizione a quello contributivo avviato dalla riforma Dini del '95, «per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale ». A chiedergli di pensioni sono i giovani liceali riuniti alle Torre Carmigliati dalla Normale di Pisa in collaborazione con Napoli '99 per un corso di orientamento universitario. Sono studenti particolarmente motivati, con votazioni scolastiche dall'8 in su, che interrogano Draghi su tutti i temi d'attualità. E così il Governatore parla a tutto campo, utilizzando un linguaggio da professore più che da economista anche se gli argomenti che tratta sembrano a volte risultare ostici per l'uditorio di sedicenni per i quali il mondo del lavoro, con le sue problematiche, appare ancora molto distante. Sulle pensioni, dice Draghi, si va lenti ma il sistema offre già una tutela ampia. Dove l'Italia è carente, lontana dal resto d'Europa, rileva, sono gli ammortizzatori sociali. Che sono necessari in una fase come l'attuale in cui il mercato del lavoro è fluido. Certo sostiene il Governatore, non c'è il pericolo di vivere situazioni drammatiche alla Dickens : il posto fisso «per lo più resta, ma l'impresa non cambia. Non innova e alla fine viene emarginata dal mercato. In ogni caso non contribuisce alla crescita». Per il Governatore «senza crescita non c'è giustizia sociale. Che però occorre per avere crescita duratura». La riforma degli ammortizzatori sociali, insomma, è una di quelle necessarie per assicurare lo sviluppo economico. Così come lo è «l'istruzione di qualità» non circoscritta all'Università ma a tutta la scuola «a cominciare dalle elementari ». Perché, dice, occorre consentire a tutti di conoscere e quindi di partecipare all'innovazione, dove l'Italia «è in ritardo» ma che dovrà essere la chiave di volta della crescita economica dei prossimi dieci anni. La situazione «non è però immodificabile » anche se la strada da percorrere «è ancora lunga». Il tema fondamentale quando si parla di cambiamenti strutturali, rileva poi Draghi, è la «stabilità finanziaria » legata per l'Italia alla riduzione del debito pubblico in rapporto al Pil. «Tra i Paesi industrializzati siamo il paese che il rapporto più alto, o quasi. Occorre, come chiede la Banca d'Italia, un bilancio in ordine e il contenimento della spesa corrente ma anche la crescita, di cui l'istruzione, le liberalizzazioni e l'innovazione sono componenti fondamentali ». Quanto al tema tasse, il Governatore torna sulla necessità di ridurre l'evasione fiscale. L'economia sommersa, dice, rappresenta il 15-20% del Pil, una cifra elevata. Nell'ultimi anni «è stata recuperata base imponibile: c'è meno tolleranza con chi evade che non è più considerato un furbo». E in molti ormai capiscono che «recuperare l'evasione fiscale serve per fare pagare meno imposte ai contribuenti onesti. Perché le tasse sono alte». Infine il rapporto euro-dollaro. Draghi, da banchiere centrale, non può entrare nel dettaglio. Cosi si limita a spiegare che «non esiste un livello di cambio oltre il quale si innesta la crisi economica». L'importante è che «l'assorbimento degli squilibri delle bilance dei pagamenti (il deficit Usa e il surplus cinese in particolare) che stanno determinando il rapporto tra le valute, avvenga in maniera ordinata» |