Il lavoro in Adecco, società di impieghi in affitto MANUELA CARTOSIO - BERGAMO Le agenzie per il lavoro interinale sommergono le redazioni con apologetici bollettini in cui vantano le loro prestazioni: numero dei curricula inseriti nelle loro banche dati, numero dei lavoratori formati e affittati, percentuale di quelli in seguito assunti direttamente e in pianta stabile dalle imprese. Silenzio di tomba, invece, sulle condizioni di lavoro dei loro dipendenti. Ce le hanno descritte due impiegate della multinazionale Adecco, big del lavoro temporaneo. Non sono rosee: straordinari obbligatori e non retribuiti, pressioni psicologiche, violazioni della privacy fin dentro i cassetti e i computer, un paio d'anni d'intensa spremitura, turn over programmaticamente alle stelle per mettere le mani su limoni sempre freschi e impedire al sindacato di mettere piede nelle filiali. "Il sindacato sono io", è il motto di Jerome Caille, ex direttore di Adecco Italia, promosso numero uno mondiale della multinazionale. A fronte di cotanto uomo, risalta ancor più il coraggio delle due lavoratrici che raccontano la loro esperienza a viso scoperto. Sono Enrica Torresani ed Erica Belingheri. Operano in provincia di Bergamo, dove l'Adecco ha 14 filiali - quei "negozi" che ormai sono una costante del paesaggio urbano - e 42 dipendenti. Entrambe "selezionano" il personale da affittare alle aziende. In ogni filiale dovrebbero esserci altre due figure professionali, una per le mansioni amministrative (paghe e contributi) e una per quelle commerciali (i rapporti con le aziende). "E invece io nella filiale di Cologno al Serio sono sola da più di un mese e devo fare tutto", dice Enrica. Tira su la saracinesca alle 9 e l'abbassa alle 19, spesso alle 20, mangia un panino "attaccata al telefono" e, qualche volta, per smaltire il lavoro accumulato ha passato in filiale anche il sabato e la domenica, "portandomi dietro il bambino". Un surplus di lavoro per uno stipendio (un milione e 700 mila lire nette, un terzo livello del settore commercio) che non "risente" della trentina di ore di straordinario al mese. All'atto dell'assunzione, infatti, Adecco fa firmare una clausola in base alla quale il lavoro straordinario è "pagato" da un premio sul fatturato. Ma in filiali piccole, che hanno solo una ventina di interinali da piazzare, il premio supera di poco le 100 mila lire mensili. Questa è la ragione che ha spinto Enrica ed Erica a rivolgersi alla Filcams-Cgil. L'aveva fatto, in precedenza, un altro dipendente Adecco - ricorda Paolo Agliardi, segretario della Filcams di Bergamo - "intenzionato ad andarsene perché l'avevano già messo nell'angolo. La vertenza individuale si è chiusa con una transazione economica vantaggiosa per il lavoratore". Di più, al momento, non si può fare, gli iscritti al sindacato sono pochissimi e "controllati a vista". Lo straordinario gratis, però, è solo il bandolo della matassa d'insoddisfazione e di rabbia dipanata dalle due lavoratrici. "Sono andata al sindacato perché mi stanno esaurendo e massacrando. Pretendono, sollecitano. Devo selezionare il personale e, contemporaneamente, distribuire i volantini nelle aziende. Una cosa materialmente impossibile", dice Enrica. Per lei, che fino a due anni fa faceva la consulente di fitness in una palestra, essere assunta all'Adecco - unica senza diploma - era stato "un gran bel passo avanti". Il lavoro le piace, non la imbarazza dover selezionare braccia da affittare, i "suoi" interinali - molti sono immigrati - vengono quasi sempre assunti dalle aziende "perché in bergamasca c'è fame di lavoratori". Le piace, "ma non a queste condizioni, in pratica la mia vita è solo ed esclusivamente lavoro. Se protesti, ti indicano la porta dicendo che puoi andare a fare la laviapiatti". Anche a Erica, impiegata alla filiale di Treviglio e al momento in maternità, il lavoro "in sé e per sé" piacerebbe. Aveva cominciato piena di entusiasmo perché "si ha a che fare con persone di tutti i tipi. E' stimolante doversi confrontare con cose nuove tutti i giorni". I metodi e la filosofia Adecco hanno rovinato tutto. "Vogliono sfruttare le persone il più possibile, pretendono un'identificazione totale con il mondo Adecco. Chi non ci sta, viene sottoposto a pressioni psicologiche, nelle riunioni i capi danno i voti e il giudizio negativo cade sempre sulla persona scomoda, anche se ha lavorato bene". L'importante è dare l'esempio, lanciare messaggi magari trasversali, "far capire che con quella non bisogna mettersi". I dirigenti di settore vengono mandati nelle filiali "per spaventare", "fanno perquisizioni e inquisizioni". Se qualcuno obietta, la risposta è: "Forse non sei un profilo Adecco". Una tattica per spingere le persone a dare le dimissioni. "Una soddisfazione che, per il momento, all'Adecco non intendo dare. Quando riprenderò il lavoro farò le 6 ore che mi spettano per l'allattamento. Non una di più". All'Adecco non si sciopera, neppure per il rinnovo contrattuale. "A voi non interessa", fa sapere il dirigente di zona con un giro di telefonate alle filiali. Stando così le cose Enrica pensa che "l'unica sarebbe colpire Adecco nella cosa a cui tiene di più: l'immagine". "In Adecco le persone fanno la differenza", recita lo slogan della multinazionale. "Dobbiamo far vedere che, dietro la facciata, tratta male le persone, bada alla quantità, non alla qualità". La formazione è un'infarinatura, "sulla legge 626 leggono un opuscoletto e via andare". L'altissima percentuale di donne, in particolare nei front office dove si è a diretto contatto con "il pubblico", è una costante in tutte le agenzie di lavoro temporaneo. "La capa della nostra capa vuole solo donne", racconta Erica. Perché? "Forse perché pensano che le donne siano più violentabili, che si riesca a intimidirle con osservazioni persino sull'abbigliamento", risponde Enrica, che è una smentita vivente di questo stereotipo. Erica avanza un'altra ipotesi: "Vogliono sfruttare le qualità, le doti, l'intuito femminili. Alle donne basta un colpo d'occhio per inquadrare una persona. Di fatti, le vogliono laureate in materie umanistiche, non in economia. Per tenere i contatti con le aziende, invece, vanno bene anche gli uomini". Semplice ma concreto inveramento dell'assunto teorico secondo cui il postfordismo "mette al lavoro tutto" di una persona. Per il sindacato c'è un sacco di lavoro da fare nelle agenzie di lavoro interinale, dice Paolo Agliardi. "Se queste cose succedono all'Adecco, ne succederanno sicuramente di peggio nelle agenzie più piccole. Oltre allo sfruttamento intensivo c'è un autoritarismo occhiuto che, in alcuni casi, deborda in un vero e proprio assedio psicologico. Ci vuole una ribellione dall'interno e un'azione sindacale dall'esterno. Noi faremo tutto il possibile, nomineremo dei rappresentanti sindacali per mettere lavoratori e lavoratrici al riparo dalle ritorsioni". Il fattore tempo potrebbe giocare a favore del sindacato. E' impossibile che una grande multinazionale possa andare avanti con un ritmo così elevato di turn over. Con una forza lavoro stabile, sarà più facile per il sindacato entrare nelle filiali Adecco.
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