Dalla Riviera alla Polonia, Giacomelli punta a Est
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Domenica 14 luglio 2002
Parla il presidente del gruppo di distribuzione di articoli sportivi. L’acquisto della Longoni? Un affare. Ci espanderemo anche in Italia meridionale
Dalla Riviera alla Polonia, Giacomelli punta a Est
Roberto Rossi
MILANO. Qualcuno l’ha definito il più grande “supermarket” sportivo del paese. Se non fosse per il fatto che loro hanno respinto sempre questa etichetta («una catena di distribuzione, è più appropriato»), per rendere l’idea delle dimensioni della Giacomelli Sport quella potrebbe essere la definizione più giusta.
E dire che fino a pochi anni fa questo marchio era quasi sconosciuto al grande pubblico. Tranne che in Emilia Romagna. Perché la storia di Giacomelli Sport parte proprio da lì. Da una piccola città della Riviera, Rimini, più o meno dieci anni fa. E ruota attorno alla figura del suo presidente e fondatore, Gabriella Spada. Trentaseienne, un marcato accento romagnolo, Spada ha reciclato un’idea semplice quanto redditizia: applicare il modello della grande distribuzione organizzata agli articoli sportivi. In dieci anni si è ritrovata fra le mani il più grande gruppo nel settore, con una quota di mercato che in Italia ha raggiunto il 14% (dopo l’ultima acquisizione di Longoni), che punta come un treno verso nuovi mercati (come quello dell’Est e quello dell’Italia meridionale) e con un fatturato salito in questi anni a dismisura, sfiorando anche picchi del 100%.
Anche la storia del marchio Giacomelli è piuttosto peculiare. «Nasce a Rimini – ci spiega Spada – nel 1992. È stato qui che per la prima volta abbiamo aperto il primo megastore. E poi un po’ alla volta ci siamo allargati». Prima in Italia – con tre aperture nel ’93, quattro l’anno successivo e sei nel 1195 – poi, «dopo aver raggiunto una significativa massa critica», anche in Europa. Belgio e Portogallo sono state le prime mete, «due nazioni – ci dice ancora Spada – in cui c’era la possibilità di location importanti». Che poi altro non sono che centri commerciali di grossa portata. Perché una delle tante chiavi del successo di Giacomelli sta anche nella scelta dei luoghi dove poter sbarcare.
Poi Est Europa, molto Est Europa. Soprattutto Polonia, dove Giacomelli è presente con sedici punti vendita e con una nuova sede centrale «che apriremo la prossima settimana». Un mercato nel quale l’azienda è leader - «nei nostri piani rientra anche l’idea di poter portare il marchio in Russia» - e dove si concentrano i maggiori sforzi. «Per la verità – ha sottolineato ancora Spada – stiamo progettando per il 2002 uno sviluppo della nostra attività anche nel Sud Italia». Inoltre, con la linea X Sport (dedicata ai big spender), saranno aperti altri 10 megastore, da Arezzo a Bari, passando per Trieste fino ad arrivare a Caserta.
Oggi Giacomelli ha la leadership nel mercato italiano, «dove la piccolissima distribuzione (piccoli rivenditori a gestione famigliare) rappresenta il 73% del totale», distanziando i diretti concorrenti come Cisalfa (8,6&) e la francese Decathlon (3,8%). E in un mercato così parcellizato «chi detiene il 14% ha un incredibile vantaggio competitivo». Inoltre detiene anche una significativa presenza in quello europeo («al terzo posto dietro Jjb e Decathlon»).
Ma nel quadro del successo di questa azienda rienrano anche la scelta dei tempi. «Come quando – ci dice ancora la Spada – abbiamo deciso di utilizzare Internet. Allora fui una delle prime a capire che il modello di vendita on-line avrebbe funzionato solo se dietro avevi un marschio forte sul quale appoggiarti».
“Allora” eravamo nel 1999, Giacomelli lanciò il suo sito www.giacomellisport.com. Nel giro di tre anni è diventato il quarto sito in termini di vendite in Italia dietro a colossi del calibro di Amazon o a operatori italiani come Chl. «Guardi, le vendite tramite la Rete rappresentano 2,5 punti del fatturato. Vendiamo anche in Sicilia ed è strano dato che lì non abbiamo megastore».
O come quando, pochi giorni fa, il gruppo ha fatto suo Longoni Sport, un diretto concorrente, numero tre in Italia. Un’acquisizione non piaciuta agli analisti di Borsa (la società è quotata da un anno, adesso nel segmento Star) che hanno giudicato la somma sborsata (76 milioni di euro) troppo alta. Un’acquisizione che il presidente del gruppo ha difeso coi denti. «Giovedì incontreremo la comunità finanziaria per spiegare la valenza del piano d’acquisto – ha sottolineato Spada -. Mi è stato rimproverato un prezzo eccessivo? Non hanno capito che è stato un investimento importante, con il quale abbiamo coperto un segmento, quello tecnico specializzato, sul quale sarebbe stato impossibile crescere se non in vari anni. E poi se abbiamo acquisito Longoni è perché questa società era in vendita. Nelle trattative non c’eravamo soltanto noi, ma anche altri soggetti».