17/3/2004 ore: 11:54

Crescono i servizi, cala l'industria

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ItaliaOggi (Economia e Politica)
Numero
065, pag. 7 del 17/3/2004


La fotografia dell'Italia produttiva che cambia nei dati del Censimento svolto dall'Istat nel 2001.

Crescono i servizi, cala l'industria

Con un forte incremento del lavoro atipico e delle onlus

Sono 4.083.966 le imprese del sistema produttivo nazionale, 15.580 le istituzioni pubbliche; quelle non profit, cuore della società, raggiungono 235.232. L'insieme di queste unità si articola sul territorio in poco più di 4 milioni e 755 mila unità locali, che danno origine a 19 milioni 441 mila posti di lavoro, tra dipendenti e indipendenti. È la fotografia dell'Italia, tracciata dall'ottavo Censimento dell'industria e dei servizi, illustrato ieri dal presidente dell'Istat, Luigi Biggeri. I dati si fermano al 22 ottobre del 2001. L'aumento complessivo di circa 883 mila unità locali rispetto al 1991 è determinato, secondo l'Istat, ´dalla crescita delle unità locali di imprese (oltre 769 mila) e dalle istituzioni non profit (circa 144 mila) e dalla diminuzione delle unità locali delle istituzioni pubbliche (circa 30 mila).

Il Nord-Est si conferma, alla data del censimento, il cuore produttivo del nostro sistema economico: difatti, il maggior incremento delle imprese rispetto alle altre macro-aree è evidente: l'Istat segna un solido +11,7% a fronte dello scorso Censimento del 1991. Questo dato, spiega l'istituto di statistica, ´è dovuto alla crescita del 34% del settore degli altri servizi', ma anche alla buona tenuta dell'industria (+4,4%). L'incremento del Centro Italia (+10%) è soprattutto una conseguenza della crescita del settore degli altri servizi (33,5%). In aumento, ma con valori inferiori al dato nazionale, anche il Sud (7,5%). In termini percentuali poi, il Nord-Ovest segna un +5,7%, in quanto la forte crescita degli altri servizi (+39,9%) è contenuta dalla netta flessione dell'industria (-8,9%). Le Isole sono le uniche ripartizioni in cui si registra un calo, se pur lieve degli addetti (-0,4%), dovuto alle forti diminuzioni nel commercio e nell'industria non compensati dalla crescita degli altri servizi (13,4%).

A livello territoriale, il 32% degli occupati lavora nel Nord-Ovest, il 23% nel Nord-Est, il 21% nel Centro, il 17% al Sud e il 7,5% nelle Isole. Nell'ambito di questa crescita occupazionale, sensibile è il dato dei lavoratori atipici: sono quasi un milione di persone: 827 mila sono i co.co.co (che ora la legge Biagi ha modificato, creando altri strumenti) e 119 mila gli interinali. ´La loro presenza' è spiegato nel rapporto, ´è più diffusa nelle regioni del Centro-Nord, dove si concentra oltre l'80% dei co.co.co, pari in media a uno ogni 6 unità locali, mentre nel Mezzogiorno la media è di uno ogni 10'.

I lavoratori interinali, continua l'analisi dell'Istat, ammontano invece a circa 119 mila, sono impiegati per l'84% nella imprese, prevalentemente nel settore dell'industria. Il 12,3% lavora nelle istituzioni pubbliche e solo il 3,1% nelle istituzioni non profit. A livello territoriale sono concentrati nelle regioni del Nord-Ovest.

Quanto ai settori merceologici, il made in Italy modifica la sua struttura produttiva (anche con la delocalizzazione) e l'industria manifatturiera, nel suo insieme, perde peso; spicca, invece, il boom del settore delle costruzioni, di quello alberghiero e dei pubblici servizi. ´L'industria manifatturiera', spiega l'Istat, ´conta circa 4 milioni e 900 mila addetti, con un calo del 6,1% rispetto al dato del 1991'.

La contrazione, al momento del censimento (ma la crisi è continuata nei successivi tre anni) riguarda soprattutto i settori del made in Italy: il tessile perde 94 mila addetti (-23,4%), l'abbigliamento 121 mila (-28,8%) e le calzature 37.500 (-15,4%). Anche il commercio, con 3 milioni 150 mila addetti, registra una diminuzione del 4,5%. In particolare nel commercio al minuto la perdita di posti di lavoro è di oltre il 10%. Gli incrementi riguardano invece il settore delle costruzioni con 1 milione 150 mila addetti (+14,7%), quello alberghiero e dei pubblici esercizi con 853 mila addetti (+17,2%) e i rimanenti settori dei servizi (esclusi commercio e pubblici servizi) che contano 5 milioni di addetti, +36,2%.

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