14/5/2007 ore: 10:42
Così il Tfr compenserà i tagli per i giovani
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Pagina 3 - Economia Previdenza, uno studio della Ragioneria sdrammatizza gli effetti della revisione dei coefficienti Per chi si ritira dopo il 2030, il vantaggio dei fondi integrativi supera i costi della riforma ROMA - Si chiama «coefficiente di trasformazione». Il termine è ostico e viene dal glossario degli specialisti della previdenza. E fa paura. La riforma Dini del 1994 stabilisce che ogni dieci anni questa cifretta, che consente di calcolare quanto ci spetta di pensione rispetto ai versamenti che abbiamo fatto durante la nostra vita lavorativa, va modificata. La modifica è necessaria perché la vita si allunga e per tenere conto della crescita complessiva del reddito del paese. Ma la paura, quando si parla di pensioni, è tanta. La pensione, si dice, verrebbe dimezzata rispetto allo stipendio. E´ proprio così? Uno studio della Ragioneria generale dello Stato, intitolato «Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario», rifà i conti e sembra sdrammatizzare gli effetti dell´eventuale intervento di rettifica dei coefficienti. Lo studio infatti, aggiornato alle ultime misure, prende in considerazione una variabile fondamentale: l´introduzione della previdenza complementare, alimentata dal Tfr e anticipata dal governo con l´ultima finanziaria al 2007. Se si calcola anche l´apporto del 6,91 per cento della retribuzione, che corrisponde alla scelta di un intero accantonamento del Tfr verso i fondi pensione (scelta che potrà essere fatta entro i primi sei mesi di quest´anno), lo scenario è assai più confortante. «Si può notare - spiega la Ragioneria - come l´introduzione della componente complementare comporti un forte contenimento della riduzione dei tassi di sostituzione (cioè il rapporto tra ultimo stipendio e pensione ndr.) previsto nel periodo di previsione. Nel 2050, il tasso di sostituzione lordo passa dal 51,6 al 63,6 per cento per i dipendenti privati». Con un aumento, spiegano i tecnici del tesoro, di 12 punti percentuali. La tabella che pubblichiamo mette a confronto i tassi di sostituzione netti, senza cioè considerare il peso delle tasse, che varia al variare dei redditi, e i contributi. Ebbene, prendiamo il caso di un lavoratore destinato ad andare in pensione a 63 anni di età e con 35 anni di contributi nel 2020: attualmente prende il 77,8 per cento dello stipendio, con la rettifica dei coefficenti scende al 71,8, ma se si tiene conto del fondo pensione risale al 77,3 per cento. Nel 2050, addirittura, ci sarà un guadagno rispetto all´attuale sistema: si passa dal 74,2 al 78 per cento. |