Contratti a termine: dialogo europeo ancora in salita
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Il lavoro in affitto La trattativa in sede comunitaria è bloccata sulle causali e la parità di trattamento
 Il dialogo europeo è ancora in salita Le imprese e i sindacati chiedono più tempo per trovare una soluzione ed evitare l’intervento della Commissione Lina Palmerini www.ilsole24ore.com/lavoro
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ROMA La vicenda, tutta italiana, del contratto a termine rischia di riprodursi in terra d’Europa. Il sindacato e l’associazione degli industriali dell’Unione, infatti, sono a un passo dalla rottura sul lavoro temporaneo. Anche Sergio Cofferati, nei giorni scorsi, ha annunciato che i sindacati sono pronti a chiedere l’intervento della Commissione. In realtà, le parti in causa smorzano i toni e continuano a dire che la trattativa è ancora in corso e che come è già accaduto sui congedi parentali, sul part-time e sul tempo determinato, c’è sempre un momento di crisi nel negoziato. Questo momento di crisi ora lo sta attraversando il dialogo per arrivare a un avviso comune sul lavoro interinale, una crisi che se non dovesse avere esiti positivi si tradurrà in una richiesta alla Commissione europea di procedere autonomamente nella stesura di una direttiva europea. La Ces (sindacato europeo) e l’Unice (l’associazione di imprese europee) non vogliono commentare l’andamento delle trattative. «Il negoziato è ancora in corso», dicono ma le difficoltà sono ancora tutte sul tavolo. Mercoledì prossimo, infatti, ci sarà un vertice straordinario a Stoccolma tra tutte le delegazioni delle "confindustrie" dei 15 Paesi europei per arrivare a una posizione conclusiva. Dopo due giorni toccherà ai sindacati dire il loro "sì" o "no" alla proposta ma sembra certo che prima del vertice europeo di Stoccolma si conosceranno gli sbocchi del negoziato. La Commissione non commenta anche perché ognuna delle trattative che ha portato all’avviso comune è stata contrassegnata da passaggi più stretti da cui poi però si è usciti positivamente. Il dialogo sociale diventa difficile anche a Bruxelles? Confindustria attenua i toni: «Siamo ancora in una fase di trattativa — spiega Giorgio Usai, del dipartimento del lavoro di viale dell’Astronomia — dunque non userei la parola rottura. Il negoziato è in corso e, come in ogni tavolo di trattativa, c’è bisogno di tempo e pazienza. Ci sono dei punti di difficoltà ma pensiamo si possano superare. Bisogna tenere conto che si confrontano 15 diversi Paesi europei, cioè 15 diverse legislazioni e mercati del lavoro». Sindacati e imprese hanno già chiesto alla Commissione un mese in più di tempo per il negoziato che si incagliato su due punti: causali e parità di trattamento tra lavoratori. Insomma, le causali anche in sede europea sono il passaggio-chiave, il punto decisivo su cui scaricare rigidità o aperture: ecco, su questo le imprese chiedono che non vi siano vincoli mentre i sindacati forzano per mantenere quest’argine. Sull’eguale trattamento tra lavoratori temporanei e dipendenti stabili, la situazione è invece più complicata: se infatti le imprese chiedono maggiori libertà, i sindacati hanno posizioni molto sfumate al loro interno. Ci sono infatti alcune organizzazioni di lavoratori, soprattutto dei Paesi del Nord-Europa, che hanno già sottoscritto intese con le le aziende per non "riprodurre" sul lavoratore interinale le stesse garanzie retributive e normative dei lavoratori a tempo indeterminato. Una diversità che ha portato a una proposta sindacale unitaria di compromesso: il sindacato europeo chiede infatti di riconoscere un principio di non-discriminazione ma dice anche di essere disposto ad accettare «eccezioni motivate». La partita si fonda quindi nel trovare un equilibrio tra legislazioni più aperte, come quella del Regno Unito o dell’Olanda, dove c’è già un’ampia libertà di utilizzo del contratto a termine e quelle più rigide e "garantiste" come la tedesca o l’italiana (vedi anche articolo accanto). «Mi auguro — ha commentato Enzo Mattina, presidente di Confinterim (associazione imprese italiane di interinale) — che la direttiva si preoccupi soprattutto di non sfavorire il lavoro temporaneo ma soprattutto di non adeguarsi ai modelli più rigidi». Venerdì 16 Marzo 2001
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