Consumi al palo, i commercianti si aggrappano ai saldi
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29 Giugno 2004
Consumi al palo, i commercianti si aggrappano ai saldi Da domani via alla stagione delle svendite. Le associazioni dei consumatori chiedono la liberalizzazione del calendario
Luigina Venturelli
MILANO La solita delusione, la solita speranza. Dopo l’ennesima stagione fallimentare sul piano delle vendite, i commercianti tornano a guardare con fiducia nel periodo dei saldi, ultima occasione disponibile per smaltire gli stock di merce primaverile rimasti invenduti e limitare così le perdite. Una scommessa per i negozianti ma anche per i consumatori, alle prese tra voglia di rinnovare il guardaroba e necessità di risparmiare sugli acquisti per difendere i salari erosi dall’inflazione.
Ad aprire le danze sarà il Molise il primo luglio, mentre nelle grandi città le prime vetrine ad esporre il cartello saldi saranno quelle di Milano e Napoli il 3 luglio. A Bologna si potranno cercare occasioni dal 7 luglio, mentre a Genova ci vorrano due giorni in più. Seguiranno il 10 luglio Torino, Firenze e Palermo, ultimi gli abitanti della Valle d’Aosta che dovranno aspettare fino al 10 agosto.
Queste le date ufficiali, spesso non rispettate: come sempre, molti negozi offrono già svendite, offerte promozionali e sconti alla cassa, per cercare di partire in vantaggio nella corsa ad attirare clienti. Escamotage che non fanno mancare le polemiche e fanno chiedere alle associazioni dei consumatori una liberalizzazione delle norme in materia «eliminando inutili restrizioni e limitazioni temporali». Secondo il presidente del Codacons Carlo Rienzi, infatti, l’eliminazione dei vincoli andrebbe «a tutto vantaggio della concorrenza, dei consumatori che potrebbero avvalersi tutto l’anno dei saldi, e anche dei commercianti che vedrebbero aumentare il proprio giro d’affari». Sugli stessi toni anche Federconsumatori, che parla di «norme anacronistiche», e l’Aduc, che definisce i saldi «una gigantesca ipocrisia del settore» e sull’esempio della Germania chiede che «i commercianti siano lasciati liberi di decidere autonomamente azioni promozionali, inclusa la possibilità di organizzare saldi estivi o invernali come tradizione».
In attesa della nuova legge, che da ottobre dovrebbe sancire periodi di vendite ribassate di tre mesi sia per l’autunno-inverno che per la primavera-estate, le associazioni del settore hanno già tirato i primi bilanci negativi.
«Ormai la stagione è bruciata - lamenta Renato Borghi, presidente di Federmoda - per colpa delle difficoltà economiche ma anche del prolungarsi di temperature invernali, nel mese di maggio c’è stato un calo dei ricavi pari in media al 10% rispetto allo scorso anno e la leggera ripresa di giugno non basta a salvare la situazione». Se nel 2003 il giro d’affari dei saldi estivi a livello nazionale è stato pari a 2,5 miliardi di euro, quest’anno la stessa cifra potrebbe non essere alla portata dei negozianti.
Anche più negative le cifre fornite dalla Fismo: «Va peggio che mai - spiega il presidente Alfredo Ricci - siamo stati senza primavera e tutto l’abbigliamento di mezza stagione è rimasto invenduto. In più soffriamo per l’ingresso della grande distribuzione nel settore dell’abbigliamento. Fin qui il calo delle vendite si può stimare tra il 15% ed il 30%, percentuali su cui le vendite di giugno non dovrebbero segnare grandi miglioramenti».
Ma si spera ancora di limitare i danni: «La stagione dei saldi segna in genere un aumento del 20-40% del fatturato rispetto al periodo di vendite normale. Ci auguriamo che i consumatori decidano di usare in questo periodo quanto hanno risparmiato fino ad ora».
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