Congresso Cgil, un piano per il lavoro
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Un bel congresso, quello della CGIL. Dal quale la confederazione guidata da Guglielmo Epifani esce forte e autorevole, con una maggioranza consolidata dai risultati di migliaia di assemblee di base e quindi mai in discussione. Una conclusione democratica, però, nella quale tutte le posizioni hanno avuto cittadinanza, si sono espresse liberamente anche con accenti fortemente critici. Come è stato dimostrato dalla discussione sulle numerose mozioni e sul documento conclusivo. Ma il dibattito ha fatto emergere una sincera consistente domanda di unità da
parte della stragrande maggioranza dei delegati e che la segreteria ha raccolto cercando una soluzione la più condivisa possibile. Quello che è certo è che la CGIL ha riaffermato per intero le proprie preoccupazioni e le critiche per l’azione del governo e della maggioranza parlamentare: le misure per contrastare una crisi sempre più epocale e globale sono insufficienti e, in certi casi, pericolose. La crisi accentua i suoi effetti nel mondo, in Europa e in Italia. La nostra economia è al collasso, il debito pubblico aumenta, la disoccupazione anche, mentre i timidi segnali di ripresa sembrano purtroppo circoscritti a poche, limitate realtà industriali. Pesano invece – osserva la CGIL – i disastri in molti settori della grande e media impresa e dello stesso sistema dei servizi e dell’apparato pubblico. Aumenta l’esercito dei senza lavoro: chi perde il posto fisso, specie le donne, ha difficoltà a ricercarne uno cosiddetto “flessibile”. I giovani in cerca di primo impiego vengono sfruttati e malpagati. Il Mezzogiorno è alle corde, mentre i redditi di lavoratori e pensionati non sono più sufficienti a garantire una vita serena. A pagare sono naturalmente i più deboli, mentre si riducono le protezioni sociali.
Su questa analisi convergono le opinioni di tutta la CGIL, che avanza proposte per ridurre le disuguaglianze e rilanciare lo sviluppo, con quel “Piano del lavoro” lanciato dal segretario generale Epifani e che fa perno su un’idea di Giuseppe Di Vittorio, naturalmente aggiornata e adeguata a questi tempi di crisi. Rilancio della produzione, riforma fiscale e del welfare, sostegno alle categorie sociali più deboli, riforma degli ammortizzatori sociali, unificazione del lavoro attraverso la contrattazione. La CGIL fa e farà la sua parte, ma non intende accettare alcuna forma di discriminazione o di emarginazione, così come rivendica le ragioni della forte mobilitazione contro il nuovo modello contrattuale e la controriforma del diritto del lavoro. Al rispetto che gli altri chiedono, a cominciare da Cisl e Uil, deve corrispondere altrettanto rispetto per le valutazioni e proposte che la CGIL ha avanzato nel Congresso di Rimini. In questo senso, le risposte del governo, del ministro del Lavoro, appaiono se non provocatorie certamente negative. Mentre i segnali di dialogo, sempre nel segno del rispetto reciproco, vi sono stati con la Confindustria, presente a Rimini con il suo presidente Emma Marcegaglia, e nei confronti di Cisl e Uil. Le distanze ci sono e restano, le divergenze non sono superate, ma si cercano, con una tensione che appare sincera, i terreni di confronto: per esempio, Bonanni ha aperto sulla democrazia sindacale e sulla rappresentatività, sul fisco, sul pubblico impiego, sulla scuola. E Angeletti, pur marcando ancora una volta le distanze, ha utilizzato toni da confronto aperto e onesto tra cugini (se non fratelli) che la pensano diversamente. Certo, sulla democrazia economica, sulla bilateralità, sull’arbitrato, sui referendum sui contratti e sulla protesta quando è indispensabile le opinioni restano differenti. Tant’è, a Rimini una nuova pagina si è aperta. La palla è ai gruppi dirigenti delle tre confederazioni e alla CGIL toccherà, come ha deto Epifani, “fare di più”.