Congresso cgil, Un’inaspettata Visione acritica
Contenuti associati
Siamo lettori e sostenitori di vecchia data del manifesto e per questo ci sentiamo di poter esprimere sorpresa e amarezza nel leggere i resoconti di Gabriele Polo e di Francesco Piccioni sul congresso Cgil, per il loro sostegno acritico, senza possibilità di replica e a prescindere, alla «mozione 2» di cui primo firmatario è il segretario generale dei bancari Domenico Moccia. In passato noi abbiamo sostenuto mozioni alternative per ben tre volte: Essere Sindacato, Alternativa Sindacale e Lavoro Società. Ogni volta le differenze sono state di merito, chiare e nette, e ai lavoratori si è chiesto un Sì o un No: dalla soppressione della scala mobile all’accordo del 23 luglio ’93, dalla riforma Dini alla guerra e a quel principio di «contingente necessità» che abbiamo contrastato con convinzione.
Questa volta invece non c’è nessuna differenza sostanziale tra le due mozioni: stesse valutazioni e stesse opzioni strategiche sul precariato, sulla bilateralità, sui beni comuni, sul nucleare, sul contrasto all’accordo separato del 22 gennaio. La vera differenza è sul modello di sindacato: confederale da una parte e nei fatti corporativo dall’altra. Così siamo andati dai lavoratori a chiedere di esprimersi sulla «discontinuità » o la «continuità» nella linea della
Cgil confederale e un sacco di volte ci è stato detto: «Sì,ma la differenza tra le due mozioni qual è?». Tutto questo in un momento in cui la contingenza storica registra la più grave crisi dal 1929, e la Cgil subisce uno dei più pesanti attacchi convergenti da parte del governo e del padronato, con un ruolo più che attivo delle altre due confederazioni nel tentativo di isolarla.
Noi crediamo che la mozione Moccia, Rinaldini, Podda, «contrapposta e non alternativa» alla «mozione Epifani », sia letteralmente calata dall’alto per ragioni che rimandano agli assetti nei gruppi dirigenti attuali e futuri e che sia frutto di un accordo tra settori della destra storica interna (Rocchi, Maulucci, e altri) - quella che non ha apprezzato la rottura della Cgil con Cisl e Uil sull’accordo separato e che ha teorizzato il contratto nazionale leggero - e settori della sinistra sindacale che continuano a sostenere, contro ogni evidenza, la contrattazione libera sulla base dei rapporti di forza, in un contesto sindacale segnato dalla crisi e dal conseguente disorientamento nei luoghi di lavoro. Ma il Congresso si è svolto, e oltre al risultato netto a favore della «mozione 1», abbiamo registrato una partecipazione comunque di massa, che colloca i congressi della Cgil, a fronte della «videocrazia» imperante, fra gli eventi di maggiore rilievo per la democrazia del nostro paese. Ma qui c’è l’altra grande ragione di sorpresa per noi: come si fa ad avallare le posizioni di chi getta un’ombra di sospetto e parla di annullamento del congresso - di un evento cioè che ha coinvolto oltre unmilione emezzo di lavoratrici e lavoratori - assumendo acriticamente, come fa il manifesto, le accuse di brogli avanzate dagli esponenti della «mozione 2»? Perché non chiedersi comemai queste accuse siano emerse con maggiore forza via via che l’esito finale del congresso è apparso sempre meno soddisfacente per i presentatori della «mozione 2», a fronte di decine di commissioni di garanzia che hanno certificato l’esito regolarissimo dei congressi di base e territoriali? Se il manifesto si interrogasse sulla fondatezza delle notizie riportate e sulle reali motivazioni che stanno dietro alle tesi denigratorie del percorso congressuale, probabilmente farebbe meglio il proprio mestiere, svolgendo quel ruolo per il quale da sempre, e con affetto, lo riteniamo insostituibile nel panorama dell’informazione democratica. E forse eviterebbe di fare torti alla ragione, alla buona fede e all’intelligenza della stragrande maggioranza degli iscritti alla Cgil. Ora che i congressi di base si sono conclusi, ci auguriamo che prevalga il senso di responsabilità verso un’organizzazione impegnata nel suo complesso a raggiungere gli obiettivi indicati e a far riuscire, con la partecipazione di tutti, lo sciopero generale del 12 marzo.