3/5/2005 ore: 11:31

Confindustria e sciopero dividono i sindacati

Contenuti associati


    martedì 3 maggio 2005
      Ieri segreteria unitaria delle tre organizzazioni, ma sulla possibile mobilitazione per i contratti pubblici non c’è l’accordo
      Confindustria e sciopero dividono i sindacati
      Vertice segreto per trovare un’intesa sul costo del lavoro fra Montezemolo e i leader di Cgil, Cisl e Uil
        ROMA - Cgil, Cisl e Uil, divise sulla strategia nei rapporti col governo e con la Confindustria, prendono tempo. Ieri, al termine di una riunione della segreteria unitaria, la decisione su un eventuale nuovo sciopero generale del pubblico impiego è stata rinviata: l’assemblea dei delegati di giovedì 5 maggio darà mandato ai vertici di Cgil, Cisl e Uil di proclamare le iniziative di lotta. «Abbiamo scelto di dare ancora tempo al governo per convocarci», ha spiegato il leader della Cisl, Savino Pezzotta. Senza convocazione «la risposta sarà fortissima», ha assicurato il leader della Cgil, Guglielmo Epifani. In realtà, buona parte della Cgil (la Funzione pubblica e la Fiom) pensa che sia maturo il momento di uno sciopero di tutti i lavoratori. Ma la Cisl preferisce aspettare, mentre il capo della Uil, Luigi Angeletti, ha proposto addirittura la conflittualità a oltranza.

        La segreteria unitaria di ieri sera non è riuscita a superare le differenze. Che, del resto, sono emerse da tempo. E che sono apparse evidenti anche al presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, quando giovedì sera ha incontrato riservatamente Epifani, Pezzotta e Angeletti. Un vertice voluto dallo stesso Montezemolo per tastare il polso dei sindacati circa una possibile alleanza per incalzare il governo su costo del lavoro e competitività. Alleanza che per il momento non c’è e difficilmente ci sarà.

        Angeletti è parso interessato soprattutto alla proposta Tremonti di detassare gli aumenti contrattuali (che poi è una vecchia idea dello stesso segretario della Uil) per far salire il salario netto. Pezzotta è pronto a un’intesa più ampia con le imprese (dal costo del lavoro al Mezzogiorno alla riforma della contrattazione) convinto che una «grande coalizione sociale» potrebbe costringere il governo a tornare alla concertazione. Ma Epifani frena su tutta la linea. La Cgil teme che aprire trattative sul costo del lavoro ostacolerebbe la rapida chiusura dei rinnovi contrattuali, da quello del pubblico impiego a quello dei metalmeccanici. Ma non c’è solo questo.

        Il sindacato di corso Italia, che sta avviando il percorso congressuale, non è interessato a intese col governo Berlusconi e difficilmente può impegnarsi in grandi accordi con la Confindustria. Si naviga a vista, insomma. Tanto che lo stesso Montezemolo, sconsolato, pare che abbia a un certo punto esclamato: «Ditemi una cosa sulla quale siete d’accordo!». Ma per non dare la sensazione di un fallimento, Montezemolo e i tre leader, giovedì scorso, si sono lasciati con un’intesa di massima sull’invio di una lettera a Silvio Berlusconi sul Mezzogiorno e sulla costituzione di una commissione mista di studio sul costo del lavoro. La Confindustria punta al taglio degli oneri impropri e alla riduzione dell’Irap (togliendo dalla base imponibile il costo del lavoro). Anche di questo si è discusso ieri nella segreteria unitaria.

        Il tema sul quale è più facile trovare l’accordo, sia tra le confederazioni sia con la Confindustria, è quello del Mezzogiorno. Qui c’è già il documento comune sottoscritto il 2 novembre scorso dai sindacati e da 13 organizzazioni imprenditoriali e la lettera che Confindustria, Cgil, Cisl e Uil inviarono al presidente del Consiglio il 28 novembre, sollecitando un incontro sul Sud per illustrare le loro proposte. E c’è, infine, il primo maggio che Epifani, Pezzotta e Angeletti hanno celebrato insieme a Scampia (il quartiere di Napoli dominato dalla camorra) all’insegna dello slogan «Sviluppo e legalità». Ora sul Sud le parti sociali potrebbero tornare alla carica sul governo. Con la differenza che nel frattempo è stato rispolverato il ministero per il Mezzogiorno (anche se ora si chiama per lo «sviluppo e la coesione territoriale»). Basterà a concludere qualcosa?
        Enrico Marro

        Close menu