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Condominio Politico: le miserie della crisi (F.Ceccarelli)
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Pagina 13 - Interni Condominio Politico Le miserie della crisi E alla fine, ottenuti i millesimi che gli spettavano, l´amministratore Prodi è stato riconfermato. Il riparto delle spese sembra a posto. La manutenzione del Palazzo è cominciata. La maggioranza ha smesso di sgocciolare; e i dissidenti di passeggiare con gli zoccoli nelle ore notturne. Cantina e lastrico solare restano indivisi, poi si vedrà. «Null´altro essendoci da deliberare», recita il verbale, la seduta è tolta: e buonanotte. Quando per mille ragioni la politica si rimpicciolisce, l´immane trasformazione delle Camere scopre e rivela l´inconfondibile sagoma delle assemblee condominiali. Perché sarà anche stato un emozionante scontro, all´ultimissimo voto, ma il livello mai così basso dell´oratoria parlamentare, l´affollarsi di macchiette che cambiavano idea ogni cinque minuti, il sospetto di compravendita di senatori, lo sventolio di cartelle cliniche, la proliferazione del pettegolezzo, ecco tutto, a partire dalle immagini dell´aula, rievocava le tipiche atmosfere delle battaglie di caseggiato: «Da parte di alcuni condomini si lamenta che ci sono stati schiamazzi, rumori e grida eccedenti la norma, precisando che non si trattava dei bambini ma dei genitori; alcuni residenti dichiarano che avendo già segnalato la cosa, sono stati apostrofati in malo modo». E in qualche modo c´era da aspettarselo, questo scadimento dello stile e della qualità del dibattito. Ineluttabile appare la «condominializzazione» del Parlamento quando i deputati e i senatori, invece che eletti dai cittadini, vengono sostanzialmente nominati dai partiti, o meglio dai capi dei partiti. E´ uno dei prezzi - certo non il più ricordato - che si paga al «Porcellum»: ma è un prezzo così salato che a volte si accetta a stento l´idea che «quelli lì» che fanno «quelle cose» possano rappresentare la volontà degli elettori. Sospetto infame, d´accordo, e tuttavia rinforzato dalla disinvoltura con cui vivono questa loro condizione; dall´aria grave, compresa, come dagli atteggiamenti concitati; o dal segreto appagamento con cui si strizzano l´occhio l´un l´altro in Transatlantico, o passeggiando a braccetto per il Salone Garibaldi. Baci, abbracci, buffetti, caffè, «Giolitti» (brioches) alla buvette, umana e pelosa partecipazione ai malanni altrui; e noia, scherzi, confidenze, scommesse, scambio di bigliettini con gli avversari. Un tempo tutto questo esprimeva prosaicamente la vitalità di un´idea grande: la democrazia. Ma adesso? Beh: adesso mica tanto. Storace e Mastella scoprono di frequentare la stessa beauty farm; D´Alema confida alla berlusconiana Santelli che da grande vorrebbe fare come Kissinger. E va tutto bene, ci mancherebbe. Ma l´impressione adesso è che ognuno, lì dentro, pensi molto più a sé che alla democrazia; e che al dunque gli inquilini del palazzo dove si fa la Norma, il celebre Palazzo della metafora di Pasolini, divenuti nel frattempo molto più simili tra loro di quanto lo siano ai loro stessi elettori, ecco, cerchino soprattutto di attrezzarsi a una decente convivenza. Deleghe, preventivi, orari del riscaldamento, la lampadina da sostituire, l´ascensore che non si chiude, il cane che abbaia perché lo lasciano solo, i ragazzini che giocano a palla in cortile e rompono i vetri, la signora che prende il sole (nuda!) in terrazzo e così via. Colpisce la facilità con cui da qualche tempo risuona nelle aule parlamentare quella specie di esortazione-intimazione, comunque polemica, che li fa gridare: «A casa! A casa!». Ecco forse è proprio questo il punto. Fino a qualche anno fa, per natura e radice addirittura lessicale, la politica faceva riferimento alla città, alla polis. Ora la città appare troppo grande, e allora il segno, il gesto, l´accento dell´odierna politica sembra piuttosto cadere sulla casa, l´oikia, e in seconda battuta sulla famiglia. Tante case e tante famiglie fanno appunto il condominio. Ma nulla più di una crisi condominiale mette a nudo il giro stretto e la logica chiusa di un ceto politico che sa regolare i conti al suo interno, ma si basta. Ormai incapace, ha scritto Giuseppe De Rita, di «respirare insieme ai problemi del paese». In tale contesto si nebulizza qualsiasi residuale antiparlamentarismo. Quando, mesi orsono, l´onorevole «discolo» Caruso tentò di piantare cannabis nei vasi del cortile di Montecitorio, ci fu un deputato questore, l´onorevole Alborghetti, che nella sua reprimenda richiamò «l´onore del Parlamento». Bene. Pochi giorni, e l´onorevole Grillini propose candidamente di installare alla Camera un distributore automatico di preservativi. La maestà dei luoghi, inoltre, accende la fantasia dei media che assecondano e a volte incoraggiano questa deriva di domestica e a tratti anche bassa quotidianità. Basta leggere i giornali. La deputata Fasciani ha addentato un polpo, trovandoci dentro un amo. L´onorevole Bondi ha dedicato una lirica a una commessa. Al presidente dei deputati di Forza Italia Vito, il giorno del suo compleanno, si è recata in aula con una torta con candeline accese. Finalmente rimossa al Senato la statua falliforme raffigurante l´Italia. Ricevuta da Mancini e Mihajlovic una delegazione dell´Inter Club Montecitorio. Il vicepresidente di Palazzo Madama Calderoli pone la questione dei «disservizi igienici». E alla Camera scoppia la guerra, pure igienica, Luxuria-Gardini. Il deputato Barbieri si lamenta che i senatori non pagano il barbiere. Battuta la banda dello scrocco dei supplì alla buvette. In arrivo (proprio ieri la delibera) l´olio toscano Igp al ristorante. Risolta la questione dell´asilo nido, in arrivo la sala di meditazione interconfessionale. Impicci però sul presepe. E così via, crisi o non crisi: «Nel perdurare della situazione suesposta si dovrà successivamente deliberare un intervento risolutivo». |