13/11/2007 ore: 10:13

Compromesso sui maxi stipendi pubblici

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    martedì 13 novembre 2007
      Pagina 13 - Economia & Lavoro

      Compromesso sui maxi stipendi pubblici
        L’Udc: lavoratrici autonome in maternità esentate dagli studi di settore. Il centrosinistra dice sì

        di Bianca Di Giovanni/ Roma

        VERSO L’OK - Prima un battibecco tra Russo Spena e Dini su politica e spesa pubblica, poi lo «strappo» in Aula di Rifondazione sui soldi alla Difesa. In Senato il nervosismo si sente, ma il governo procede emendamento su emendamento senza andare sotto. Le voci continuano a dare per fragilissima la compattezza della maggioranza, ma fragile sembra il centrodestra che riceve continue batoste (l’ultima quella di Randazzo che scrive «no grazie» a Berlusconi). «Nel merito infatti «su tutte le questioni più importanti c’è accordo», dichiara Anna Finocchiaro. L’ultima «questione» risolta ieri riguarda il maxi-stipendi di manager e dirigenti pubblici, con una riformulazione del testo. E in serata spunta un voto quasi bipartisan su un ordine del giorno Udc, un voto che ha molto il sapore dell’intesa trasversale. Così governo e maggioranza puntano a chiudere l’esame in Senato mercoledì notte, senza voto di fiducia. Al massimo si potrà arrivare a giovedì mattina, ma l’ipotesi fa tremare il centrodestra: potrebbero verificarsi molte defezioni dell’ultima ora.

        La settimana è ripartita ieri con una lunga riunione di maggioranza. Prima del vertice non sono mancate tensioni, prodotte dall’intervista di Lamberto Dini che continua a dichiarare di considerarsi con le mani libere. «È la politica peggiore» attacca Giovanni Russo Spena. «Non si tradisce il proprio schieramento», gli fa eco Alfonso Pecoraro Scanio. «Siete il partito del tassa e spendi», replica l’ex premier, che in serata davanti ai taccuini dei cronisti si ritrae: «Nessuna dichiarazione, voglio solo bere un bicchere d’acqua». In realtà checché ne dica la destra, di maggiori spese ce ne sono molto poche. Semmai ci sono risparmi, proprio sui maxi-stipendi, ma nessuno osa nominare il tema. Tutti parlano dei precari, che pure vengono stabilizzati con concorso, in base a una norma già inserita nel 2005 (deroga al blocco del turn-over), con vincoli stringenti (tre anni di lavoro a tempo determinato negli ultimi 5 anni), con un tetto che non deve superare il 60% delle uscite per pensionamento (quindi c’è una riduzione di personale). Ai co.co.co e ai co.co.pro (sempre da almeno tre anni) viene riconosciuto un punteggio maggiore nei concorsi. Esclusi dalla stabilizzazione il «personale di diretta collaborazione degli organi politici», cioè i cosiddetti «portaborse». Come dire: non c’è nessun ombra né di sanatoria né di clienetela. Ma la destra insorge e i diniani nicchiano.

        I centristi chiedono e ottengono la riformulazione dei maxi-stipendi (i risparmi si devono trovare sempre altrove), con una mediazione tra Natale D’Amico e Massimo Villone (Sd). La riscrittura prevede una norma transitoria che decurta del 25% ogni anno le retribuzioni di chi attualmente sfora il tetto dei 270mila euro per arrivare poi a quella soglia. Inoltre vengono escluse dal «tetto» tutte le Authority e la Banca d’Italia, per garantire l’indipendenza degli organismi di controllo. La norma prevede inoltre che nessun magistrato possa superare quella soglia e che nessuno possa avere un doppio incarico nelle strutture pubbliche. Oggi sarà la volta del voto sulle ricette mediche, che non piacicono a Roberto Manzione.

        L’Aula vota il pacchetto energia e le norme su editoria e telecomunicazione, mentre vengono bocciati gli emendamenti Turigliatto che negano i rifinanziamenti alla difesa. Infine passa l’ordine del giorno Baccini (firmato da molti altri capigruppo), che invita il governo ad escludere per due anni le lavoratrici autonome dagli studi di settore in caso di maternità. Dicono sì da Rifondazione a An, votano contro Verdi e comunisti. Si tratta infatti di una disposizione che favorisce l’evasione fiscale e che offre un vantaggio economico alle lavoratrici autonome che non ha paragoni rispetto alle tutele delle lavoratrici dipendenti. Un vero schiaffo per chi paga le tasse, che dovrebbero servire proprio a garantire servizi efficienti a tutte le madri.

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