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Commercio e turismo sotto tiroPossibile la perdita delle agevolazioni concesse
 Le norme esecutive della delega rafforzano l'obbligo di rispetto dei contratti del settore
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Il mancato rispetto del contratto collettivo potrebbe determinare, per le imprese artigiane, commerciali e del turismo, la perdita di ogni tipo di beneficio contributivo o normativo. È questa l'interpretazione che sembra emergere dall'analisi testuale dell'articolo 10 della legge-delega n. 30/2003, la quale peraltro è già in vigore sin dal 13 marzo 2003. Infatti, anche se in questi giorni si discute delle molteplici novità che la riforma Biagi si appresta ad introdurre, disciplinate dal decreto legislativo di attuazione della legge n. 30/2003, non si deve dimenticare che in essa vi erano anche due articoli (9 e 10) immediatamente operativi, cioè non necessitanti di un successivo decreto attuativo. Vediamo, in particolare le novità introdotte dall'articolo 10, che sostituisce l'articolo 3 del decreto legge 22 marzo 1993 n. 71, poi convertito nella legge n. 151 del 20 maggio 1993. Il testo precedente, titolato «Benefici alle imprese artigiane», recitava: «Per le imprese rientranti nella sfera di applicazione dei contratti collettivi nazionali dell'artigianato, il riconoscimento dei benefici di cui agli articoli 1 e 2 (rispettivamente sgravi per il Sud e fiscalizzazione oneri sociali, ndr) è subordinato all'integrale rispetto degli istituti economici e normativi stabiliti dai contratti collettivi di lavoro». Questa disposizione era stata al centro di un'aspra querelle con l'Inps che aveva interpretato la locuzione «integrale rispetto degli istituti economici e normativi stabiliti dai contratti collettivi di lavoro» nel senso di comprendervi anche l'iscrizione a fondi, casse gestiti da enti bilaterali, pena per l'appunto la restituzione degli sgravi e della fiscalizzazione (si veda la circolare n. 131 del 2 maggio 1994). A dirimere, almeno parzialmente, il contenzioso era poi intervenuto lo stesso legislatore con la legge 451/94 che, per quanto riguarda la sola fiscalizzazione, era ritornato sui suoi passi, rendendo inapplicabili le prescrizioni dell'articolo 3, che restava in vigore solo in materia di sgravi. Successivamente, sulla reale portata della disposizione di cui sopra, è intervenuta anche la Cassazione (sentenza n. 6530 del 10 maggio 2001), la quale, confermando le decisioni di merito, ha sancito che nel concetto di trattamento economico e normativo non potessero rientrare l'iscrizione a fondi, casse eccetera che attengono alla parte cosidetta obbligatoria, vincolante solo per le parti stipulanti. Oggi, dopo la modifica, il nuovo articolo 3 recita: «Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento di benefici normativi e contributivi è subordinato all'integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». La prima osservazione che emerge, riguarda i soggetti destinatari: non più le sole imprese artigiane, ma anche commerciali e quelle del comparto turismo. Inoltre, il riferimento non è più ai contratti collettivi nazionali di lavoro, bensì anche a quelli decentrati: regionali, territoriali aziendali. Anche in ordine all'obbligo, a carico delle imprese interessate, si parla di integrale rispetto della contrattazione collettiva, senza riproporre l'inciso «istituti economici e normativi», che, come si diceva in precedenza, aveva indotto la giurisprudenza a ritenere di contenuto obbligatorio l'iscrizione ai fondi gestiti da enti bilaterali, eccetera. Cambia in modo radicale anche la sanzione, che oggi consiste nella perdita di eventuali benefici contributivi e normativi goduti. Stante tale duplice accezione, se sembrano più facilmente individuabili le agevolazioni contributive (es. apprendistato, contratto di formazione lavoro, mobilità, legge 407/90, eccetera) non è ben chiaro cosa di debba intendere per agevolazioni normative né se debbano comprendersi anche quelle tipicamente fiscali. Gli effetti negativi derivanti dall'inadempimento - perlomeno attenendosi al dato testuale - appaiono assolutamente sproporzionati e discriminanti (con profili di dubbia costituzionalità) soprattutto se si considera che rispetto alla previgente normativa manca un limite di salvaguardia. Infatti il decreto legge 71/93 aveva anche modificato il comma 10 dell'articolo 6 della legge 389/89 ponendo un limite alla perdita del beneficio della fiscalizzazione, in caso di retribuzione inferiore ai minimi, ovvero in caso di orari o giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente svolti, nel senso che la perdita della predetta riduzione non poteva superare il maggiore importo tra contribuzione omessa e retribuzione non corrisposta. Oggi, almeno sulla base della semplice interpretazione letterale, si potrebbe arrivare alla paradossale situazione di perdere completamente un'agevolazione contributiva solo per aver non applicato integralmente, magari in buona fede, uno (dei tanti) istituti contrattuali, anche se di fatto il lavoratore ne è stato penalizzato in modo assolutamente marginale.
FRANCESCO NATALINI
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