Martedì 28 Novembre 2000 italia - lavoro Modifiche del Governo in Finanziaria Collocamento, prove di riforma ROMA Si apre una breccia nel collocamento privato. Ci sono voluti due anni di risultati miseri, almeno rispetto alle potenzialità che questo settore esprime in altri Paesi, per far capire a Governo e sindacati che così com’è l’attuale disciplina non funziona. Al ministero del Lavoro, infatti, si sta studiando di tradurre in un emendamento, da presentare in Finanziaria al Senato, un accordo firmato dalle agenzie di collocamento privato, da quelle di lavoro temporaneo, dalle aziende di ricerca e selezione di personale e dalle società di outplacment.
Un’intesa che punta a fare chiarezza sulle funzioni, obiettivi e comportamenti di ciascuna delle tipologie di attività chidedendo anche l’eliminazione di alcuni vincoli: primo fra tutti l’impossibilità per le agenzie di collocamento privato, oggi sancita dalla legge, di svolgere anche attività collaterali come, ad esempio, l’orientamento del disoccupato o la creazione di una banca dati. Insomma, l’intesa da un lato liberalizza dall’altro disegna una mappa dei confini di ciascuno in cui vengono definite le possibilità di intervento e fissati dei requisiti anche per chi oggi non è soggetto ad alcuna normativa, come per esempio i cacciatori di teste.
L’intesa ha avuto anche il placet dei sindacati che vedono di buon occhio la presentazione di un emendamento che faccia propri i contenuti dell’accordo. A complicare la situazione, però, c’è la vicenda delle società di lavoro interinale. Infatti, in occasione della sottoscrizione di quest’accordo, le società di lavoro temporaneo sono di nuovo tornate alla carica per chiedere l’ampliamento dell’oggetto sociale, oggi limitato al solo lavoro interinale, ma anche l’integrazione delle varie attività di mercato del lavoro che per legge non si possono incrociare.
In realtà, all’inizio qualche sindacato ha ben sperato in un abbandono del campo di battaglia: nella prima versione infatti il presidente di Confinterim (la più grande associazione di aziende di lavoro in affitto), Enzo Mattina, aveva firmato anche una parte dell’intesa in cui si impegnava a non chiedere la cancellazione dell’esclusività dell’oggetto sociale. «Un errore da me subito ammesso — ha dichiarato Mattina — inviando una lettera al ministero del Lavoro in cui chiarisco la posizione non solo mia ma di tutta l’associazione che all’unanimità si è espressa a favore dell’ampliamento della ragione sociale anche all’attività di collocamento privato». Il punto è che in questa battaglia il Lavoro si trova stretto tra due fuochi, da un lato le aziende e un "pezzo" del sindacato che premono per voltare pagina e allargare i confini, dall’altra invece un pezzo del sindacato che resiste. Già in settimana ci potrebbe essere una riunione che aprirà ufficialmente questo nuovo fronte.
«Ritengo un’inutile ostinazione — spiega Raffaele Bonanni, segretario confederale Cisl — quella di non voler aprire anche alle società di lavoro interinale l’attività di intermediazione. A fronte del fallimento del collocamento pubblico e delle difficoltà che oggi sta vivendo, c’è il dovere di favorire una maggiore efficienza sul mercato del lavoro e dare più opportunità a chi il lavoro non ce l’ha. Contemporaneamente, però, si devono mettere le aziende che oggi fanno collocamento nelle condizioni di operare al meglio, senza vincoli».
Anche le imprese possono tirare facilmente acqua al loro mulino, semplicemente raccontando la realtà. «Già oggi, di fatto, incrociamo domande e offerte di lavoro: basta pensare che molte persone vengono impiegate con l’interinale per essere "provate" e poi assunte in modo stabile. Confidiamo — dice Mattina — di poter convincere gli "ostili" ma soprattutto chiediamo un impegno al Lavoro a fronte dei risultati già ottenuti».
L’intesa sottoscritta tra chi oggi si occupa di mercato del lavoro ma in segmenti diversi anticipa già uno scenario possibile e tenuto forzatamente separato. «Il primo passo — dice Piergiorgio Valbonetti, presidente Ascop (associazione collocamento privato) — è l’ulteriore liberalizzazione delle regole, il secondo invece è quello della reciprocità delle funzioni e attività. Abbiamo sottoscritto quest’intesa proprio per dare al Governo una prova della nostra compatezza ma anche dell’esigenza di avere regole meno rigide e più chiare».
Lina Palmerini
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