Coin e Upim, il polo dello shopping
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MILANO — Le trattative sono andate avanti fino a tarda sera, ma questa volta l’accordo c’è. Dopo un corteggiamento durato due anni, Coin acquista Upim e dà vita al maggior gruppo italiano della distribuzione di abbigliamento, oltre 1,6 miliardi di ricavi e quasi 900 negozi. Ad attrarre Coin è la qualità della rete di vendita Upim, ottima per la posizione. Per questo, se la gran parte dei 135 negozi diretti di Upim (cui si aggiungono i 15 a marchio BluKids) saranno convertiti in Ovs Industry e in Coin, e se alcuni potranno essere ceduti, altri, secondo indiscrezioni di mercato, potranno addirittura essere sede di un nuovo format destinato al mondo dei marchi di alta gamma. In sostanza, una sfida diretta a Rinascente. Quanto al marchio Upim, dovrebbe rimanere per i negozi in franchising (oggi oltre 200).
La struttura finanziaria dell’operazione, messa a punto dagli advisor Unicredit per Upim e Ubs per Coin (il gruppo svizzero aveva seguito già l’acquisto di Melablu), prevede che Coin rilevi il 100% di Upim dagli attuali azionisti (Investitori Associati, Deutsche Bank, Pirelli Re e Borletti), che riceveranno in cambio il 7,5% della società veneziana. Oltre alle location, Upim porterà «in dote» anche un centinaio di milioni del suo indebitamento. L’insieme di questi due elementi porta a una valorizzazione di Upim di circa 140 milioni. Contestualmente, Pai dovrebbe fare su Coin un finanziamento subordinato di 25 milioni. L’operazione è l’occasione di un investimento anche del management Coin, a partire dal suo ammini-stratore delegato Stefano Beraldo, autore della ristrutturazione del gruppo, portato lo scorso anno a 1,1 miliardi di ricavi e a un risultato netto di 38,2 milioni: è infatti previsto un aumento di capitale destinato a una cerchia ristretta di manager. Infine, non è escluso neanche un coinvolgimento delle banche creditrici di Upim.