Cofferati:"Sorprendente l´inerzia del Pd ora raccolta di firme per una nuova legge"
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ROMA - «Trovo davvero sorprendente l´inerzia del Pd e dei sindacati. Non si può stare fermi mentre ti cade sui piedi un macigno». Sergio Cofferati è appena atterrato a Malpensa con un volo da Bruxelles. Ora è parlamentare europeo per il Partito democratico ma nel 2002 era il leader della Cgil che guidò il movimento a difesa dell´articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. «Anche allora - ricorda - la maggioranza in Parlamento era netta ma nel paese si creò un clima che obbligò il centrodestra a fermarsi».
Insomma il ministro Sacconi è riuscito laddove fallì Maroni: svuotare l´articolo 18. È così?
«Non si tratta tanto di svuotare l´articolo 18. La legge approvata rende possibile l´aggiramento di quella norma che tutela la dignità dei lavoratori. Nella nuova legge c´è la vanificazione dell´articolo 18 ma c´è anche di peggio perché consente di non applicare le leggi fondamentali sul lavoro e gli stessi contratti nazionali. Dopodiché si può anche dire che il lavoratore è libero di scegliere se accedere o meno all´arbitrato. La verità è che questa è una tesi infondata perché manca il presupposto, cioè la parità di forza tra l´imprenditore e il lavoratore in procinto di essere assunto. La forza contrattuale di quest´ultimo, in quel preciso momento, è pari a zero».
Eppure non solo Sacconi, ma le stesse Cisl e Uil, sostengono che saranno i contratti a tutelare i lavoratori.
«Guardi: io non ho mai visto un imprenditore rinunciare per via contrattuale a un vantaggio che gli attribuisce la legge. È un caso che la letteratura sindacale non contempla in nessun paese al mondo».
Ha una proposta per cambiare lo scenario?
«Penso che ci siano diverse strade possibili. Una è quella del ricorso alla Corte costituzionale perché la legge ha diversi aspetti di dubbia costituzionalità. L´altra via è il referendum, sapendo che negli ultimi tempi è cresciuta la disaffezione degli italiani rispetto all´istituto referendario. Poi c´è la possibilità della raccolta di firme per una iniziativa di legge popolare. So che in Parlamento non hanno mai avuto successo, ma questa strada permetterebbe di costruire un clima nel paese di sostegno all´iniziativa. L´opinione pubblica verrebbe informata sugli effetti che avrà la legge appena approvata: bisogna rendere chiara la posta in gioco. È questo il modo per fare emergere le contraddizioni nel centrodestra. Non dimentichiamo che nel ‘94 fu la Lega a non reggere tra gli operai del nord il decreto che tagliava le pensioni. E fu la Lega a provocare la crisi di governo».
Lei accusa il suo partito e i sindacati di immobilismo. Perché?
«Perché è sorprendente che siano stati così fermi, che non abbiano messo in campo un´adeguata campagna di informazione. È stato un errore. Come si fa a non fare nulla quando è in gioco il futuro del sindacato, della sua attività negoziale e, dunque, della stessa democrazia sostanziale? Se si riduce la capacità dei sindacati di tutelare i diritti dei lavoratori e quindi si limita la sua attività contrattuale, il sindacato si trasforma prevalentemente in un soggetto che eroga servizi. Questo è un pericolo per tutti. Anche per il Pd che ha le sue radici storiche nel mondo del lavoro».
Che differenza c´è tra la proposta del 2002 di cambiare l´articolo 18 e la legge approvata l´altro ieri?
«Allora ci fu un grande scontro politico dichiarato e preteso dalla Confindustria con il sostegno del governo. Quello di oggi è un attacco con un orizzonte più ampio e anche più subdolo che altera profondamente i rapporti tra imprese e sindacati».
Si sta candidando a guidare, come nel 2002, un movimento per difendere i diritti dei lavoratori?
«No, questa è una battaglia che devono fare i partiti e i sindacati. Sanno che possono contare su di me, sono totalmente disponibile. Ma serve una mobilitazione di massa».