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Cisl e Uil fanno pace con Cgil e non firmano intese separate

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Giovedì 3 maggio 2001
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Cisl e Uil fanno pace con Cgil
e non firmano intese separate

Fallisce l'incontro previsto per domani in Confindustria sui lavori a tempo determinato

RICCARDO DE GENNARO


Roma - Come la notte, anche il Primo Maggio porta consiglio. Dopo la grande manifestazione unitaria di Pescara e il concertone rock di piazza San Giovanni torna il sereno nei rapporti tra Cgil, Cisl e Uil. I leader Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti sembrano aver deciso una tregua. Magia della Festa dei lavoratori? Non solo. «È evidente che le cose che ci uniscono sono molte di più di quelle sulle quali abbiamo opinioni diverse. La politica dei redditi è molto più importante dei contratti a termine», ha detto ieri Cofferati, che nel pomeriggio ha potuto incassare il rientro dell'ostilità, manifestata soprattutto da alcuni importanti esponenti della Cisl, anche su quel controverso secondo punto.
Dopo l'annuncio da parte della Uil di non partecipare all'incontro che era stato fissato per domani in Confindustria ai fini della formalizzazione dell'accordo raggiunto sui nuovi contratti a termine, anche la Cisl ha annunciato che non si sarebbe presentata all'incontro. La mossa ha costretto il presidente della Confindustria, Antonio D'Amato, a rinunciare all'appuntamento tanto atteso: dopo che le tre organizzazioni sindacali avevano detto, sebbene con motivazioni diverse, che non si sarebbero presentate e in seguito alla manovra della Confcommercio, che è riuscita per la seconda volta - con Lega Coop, Confesecenti e Cna - a fare saltare la firma, la Confindustria sarebbe stata l'unica tra le organizzazoni più rappresentive a trovarsi al tavolo. Questo ha spinto D'Amato ad annunciare che domani non ci sarebbe stato alcun incontro, motivando la decisione con il fatto che «l'accordo già c'è e non ci sarebbe niente da aggiungere».
Pur mantenendo opinioni diverse, Cgil, Cisl e Uil ora sono nuovamente schierate dalla stessa parte delle barricata. Sembrano assai lontani, in questo momento, i toni di inusitata durezza ai quali aveva fatto ricorso - dal palco dell'assemblea nazionale dei quadri della Cgil ai primi di aprile - il segretario della Cisl, Savino Pezzotta: «Le cose che ci dividono sono molte - aveva detto il numero uno della Cisl di fonte a una platea raggelata che si sarebbe aspettata invece una risposta cordiale al ramoscello d'ulivo che il suo leader aveva porto a Cisl e Uil - e queste cose vertono anche su questioni di reale sostanza, che riguardano direttamente il ruolo del sindacato nel nostro Paese. Nessuno può pensare di rappresentare l'unico modello sindacale da proporre agli altri e che scelte diverse dalle sue possano nascere dalla volontà di rappresentare interessi diversi da quelli dei lavoratori e dei pensionati. E, soprattutto, nessuno può pensare a collusioni strane che non ci sono e non ci saranno mai».
A un mese esatto di distanza, dunque, lo scenario è cambiato. Ma se Cgil, Cisl e Uil ritrovano lo spirito unitario non è soltanto perchè la festa del Prima Maggio ha rammentato loro doveri di unità e di rappresentanza, né per i colpi - peraltro piuttosto incisivi - del leader del Polo, Silvio Berlusconi, che parla di «contratti liberi», confermando in questo modo la volontà, in caso di vittoria elettorale della Casa delle Libertà, di procedere sulla strada della contrattazione individuale, che taglierebbe fuori l'intera rappresentanza sindacale. Il motivo più importante che oggi impedisce la divisione e spinge a un solido ricompattamento dei ranghi è un'emergenza che nessuno avrebbe più pensato di dover affrontare: l'urgenza di impedire con tutte le forze, e questa volta fin dal nascere, che le nuove sigle emergenti del terrorismo possano trovare terreno fertile in fabbrica per il loro reclutamento.

Le minacce nei confronti di sindacalisti di tutte e tre le organizzazioni, la traccia del proiettile sparato contro la sede nazionale della Cgil, ma soprattutto il tentativo di fare entrare per mezzo di volantini il «verbo» della lotta armata nelle fabbriche sono segnali che Cofferati, Pezzotta e Angeletti non hanno sottovalutato. Una divisione sindacale, anche su importanti questioni di principio, sarebbe in questo momento un pericoloso segno di debolezza e, forse, di resa.

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