Cgil, la seconda mozione non molla: «Verificare i dati delle assemblee»
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«Poca trasparenza», «troppe anomalie» e alla fine i conti non tornano. Soprattutto quel 17,07% che i dati ufficiali assegnano alla seconda mozione presentata al congresso della Cgil, surclassata dal documento di Guglielmo Epifani a cui è andato l’82,9% dei consensi. La minoranza non ci sta e sostiene che senza «anomalie » avrebbe preso il25%che salirebbe al 30% tra i lavoratori attivi. Il dato è stato fornito in una conferenza stampa, presenti i promotori della mozione che hanno denunciato la «confusione» in cui si sarebbe svolta la prima determinante tornata di assemblee. È il portavoce, Domenico Moccia (leader Fisac), a fare l’elenco partendo dalla partecipazione al voto. «Ci sono circa 600mila voti in più rispetto al congresso del 2001 e circa 400mila in più rispetto a cinque anni fa. E mentre il numero dei votanti è stabile in regioni in cui la Cgil è fortemente strutturata, come Emilia o Lombardia o Toscana, desta perplessità la crescita di alcune realtà del sud come Campania, Puglia, Sardegna». Sarebbe questa la madre di tutte le anomalie: «Non potendo negare che abbiamo preso 310 mila voti, allargano la base dei votanti per schiacciare la nostra percentuale», accusa Marigia Maulucci.
LA REPLICA
Accuse già rivolte e a cui è già stato risposto. Da Corso d’Italia si limitano quindi a far notare che «in Cgil è diffusa l’idea che la mozione 2 volesse rafforzare il peso di alcune categorie a scapito di altre, come ad esempio i pensionati dello Spi, che infatti è andato in massa a votare come pure in altre federazioni. Insomma, a differenza di altri congressi il cui esito era scontato, questa volta ci sarebbe stato un serrate le fila di intere strutture che hanno votato e fatto votare».
La querelle è destinata a continuare.
La minoranza intende fare delle regole e della democrazia «una delle questioni centrali del congresso», annuncia Gianni Rinaldini (leader Fiom), «perché se in una assemblee non c’è nessuno che spiega una delle due mozioni è evidente che c’è un problema democratico». «Questo sistema non ha retto», aggiunge Carlo Podda (segretario di Fp) che riferendosi alla quota di delegati che “solidarmente” lo Spi cede alle altre categorie, spiega che «le regole sono state cambiate in corsa e che ora vengono applicate in modo difforme».
Ancora: ci sarebbero 32mila voti validi in più rispetto ai votanti e categorie molto sindacalizzate come la Fiom che avrebbe votato meno di categorie più frammentate. Di qui tre richieste: la prima è una verifica a campione sui dati delle assemblee; la seconda è l’accesso paritetico ai dati che, afferma Moccia, ora viene negato; la terza è lavorare alla disaggregazione dei risultati analizzando il differente trend tra le assemblee in cui è stata presentata solo la mozione di maggioranza e quelle in cui sono state presentate entrambe. Allo stato comunque, la minoranza non certifica il risultato di Lombardia, Lazio e Calabria, mentre sono in sospeso Puglia, Campania e Veneto, «si tratta del 40% del congresso, calcola Giorgio Cremaschi. Il 20 marzo la seconda mozione terrà un’iniziativa a Roma con tutti i delegati e i simpatizzanti, e per la Cgil si apre una nuova fase.